A guardare bene, Laura Antonelli aveva diversi difetti, tra cui il culo piatto, che è peccato mortale. Non era poi ‘sta gran tettona, almeno a confronto delle più recenti Sabrina Salerno e Serena Grandi. Però era burrosa, nello sguardo e nelle movenze contadine. Aveva un faccino che poteva andare bene sia per una cameriera che una principessa: in entrambi i casi ispirava sempre la stessa reazione istintiva: “vieni qui che ora ti presento un mio amico”.
È un fatto che abbia ipnotizzato almeno tre generazioni, alimentandone i sogni diurni e notturni.
Le foto degli ultimi 15 anni mostravano una vecchia gonfia e irriconoscibile, che a convincere chi era (stata) si sarebbe fatta ridere dietro con incredulità. Da vecchia aveva anche la voce, gracchiante e astiosa. Come altre – Lilli Carati, per dirne una – il successo le aveva fatto male, triste esemplificazione della ben nota schizofrenia tra immagine professionale e forza psicologica individuale. Laura Antonelli è stata travolta da sé stessa, del tutto disarmata contro la naturalità del proprio invecchiamento. Come Brigitte Bardot, c’era una Antonelli che nessuno voleva più conoscere e riconoscere, pena il sentirsi tradito nei propri ricordi di gioventù. Ma la Bardot è scomparsa dai radar con la spada in mano, ben conscia di tenerla: tutt’altra storia.
L’icona-Antonelli è stata paradossalmente molto più utile ai suoi antichi ammiratori che a sé stessa.
Non c’è modo di lasciarla in pace, nel suo riposo. Ogni amarcord farebbe tremenda offesa alla sua vita recente. Quest’ultima, di per sé, è molto meglio resti dimenticata.
Laura Antonelli, una vita letteralmente spezzata in due.