Quando tornai a Trieste da Venezia, in una strana estate d’attesa, cercavo di ambientarmi nella nuova realtà che era una ripresa con iato di una vita precedente. Dalla biblioteca saccheggiai quasi tutti i Maigret che trovai, e questo andava bene perché era una continuazione senza il precedente, ma facile. Poi mi dovetti avventurare tra la musica di mio padre, senza nessuna traccia. Anzi no: c’erano due 45 della New Vaudeville Band, con la famosa Winchester Cathedral e la ben più cara al cuore Finchley Central. Ma per il resto era buio. Fu lì che trovai uno strano 33 tedesco col titolo francese, l’Ode a la Paix di Hendel, oltre al più familiare Eine Kleine Nachtmusik. Ma questa è un’altra storia. Trovai anche un altro 33, più moderno, ed è di questo che voglio parlare.
Dei gusti musicali di mio padre non avevo fatto in tempo a occuparmi, ma ricordo bene la volta che tornò dal lavoro, a Venezia, un po’ seccato perché aveva dovuto fare gli onori di casa, alla RAI, a un gruppo inglese che gli era parso un po’ arrogante e distratto, che in ogni caso l’aveva omaggiato di questo 33, corredato con dedica e firme dei componenti. Credo davvero non l’abbia mai ascoltato. Invece in quella nuova estate triestina lo feci io, e fu il mio primo incontro con i Procol Harum.