L’angelo d’oro

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Tra le poche cose che non riesco a rintracciare grazie a internet c’è questo racconto, L’angelo d’oro. L’unica versione che conosco è quella a fumetti, su una raccolta che somigliava a I racconti di zio Tibia (ma non era). Non so bene se classificarlo horror o gothic, ma non importa granché. L’ho letto che avevo 11 o 12 anni, poi senz’altro ho perso il libro quando siamo venuti via da Venezia.

Se me lo ricordo bene ancora adesso non è per ragioni grafiche o di plot, ma perché contiene un preciso archetipo narrativo. Essendo un archetipo, non è infrequente trovarne versioni differenti, in contesti e inquadramenti descrittivi completamente diversi.

La storia è questa. Il protagonista si traferisce in una nuova casa, in una stanza della quale è ospitata una statua inquietante, l’angelo d’oro, a grandezza naturale. Molto più che a una angelo somiglia a un demone, tanto ha un’espressione crudele, artigli come pugnali e – mi pare – denti da belva. Da un giorno all’altro nella città cominciano ad avvenire delitti cruenti, con vittime casuali dilaniate e sfigurate da tagli profondi. Il protagonista sospetta che la statua c’entri qualcosa, anche perché la finestra della stanza dove c’è l’angelo viene regolarmente trovata aperta, il giorno dopo ogni delitto. Dopo molti e inutili tentativi di imprigionare la statua (finestra e porta sbarrate) e in un crescendo di omicidi, l’uomo riesce finalmente a neutralizzare l’angelo, con un incantesimo procuratogli da un vecchio studioso dell’occulto, che però lo ammonisce sulla pericolosità di ogni interferenza umana in queste faccende. Quando il protagonista capisce appieno il significato delle parole del vecchio, è troppo tardi. Avviene nel momento in cui in casa, dalla finestra, entra un orrendo demone alato, responsabile di tutti i delitti, che sinora l’angelo d’oro prima di essere “disattivato” era riuscito, se non a neutralizzare, perlomeno a limitare.

Letto a undici anni, il racconto non ha mancato di lasciare il suo segno. Non sempre ciò che sembra è ciò che è, anche contro apparenti evidenze. Non sempre “il buono” appare bello e rassicurante. Non sempre le azioni a fin di bene ottengono i risultati sperati: agire senza avere tutti gli elementi del quadro può portare a disastri.

Peccato che proprio non riesca a trovare l’origine del racconto, che credo non sia di un autore qualsiasi.

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SU DI ME

Sono Edoardo, nato a Trieste nel 1959. Lì ho ancora una casa e ci torno quando mi va, ma da molti anni vivo a Roma. A Roma sono nati i miei figli, e tanto basterebbe a giustificare sia la mia esistenza che la permanenza nella capitale. Continua...

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