Avete rotto i coglioni (2)

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Finalmente ho trovato alcuni canali e siti web che si oppongono ideologicamente al delirio imperante a Hollywood e dintorni (= Netflix et similia).

Purtroppo non posso garantire sull’equilibrio dei critici (sono tutti nerd frikkkettoni), ma concordo in larga parte con le loro argomentazioni: un assassino di vecchiette che indica qualcuno gridando “al ladro!” può benissimo avere ragione.

Gli USA sono un grande Paese che produce (ed è causa di) un sacco di merda, ma è anche il primo dove si formano gli anticorpi. Qui come al solito siamo in ritardo, ancora impegnati a trovare giustificazione alle mistificazioni. Lì se ne fregano, e vanno diritti al punto.

Il punto… sono tre. Collegati tra loro.

 

Il primo punto debole – che è impossibile non cogliere subito – è l’implausibilità storico-culturale delle storie, figlia della smania di inclusione. Da un lato ciò scatena i desideri di vendetta di sparute nicchie di misogini, omofobi e razzisti, dall’altro le assai più ampie e altrettanto agguerrite schiere dei puristi. Per questi ultimi l’inclusività forzata è un problema non ideologico bensì strumentale, che snatura lo spirito delle opere (il cosiddetto “canone”). Tre casi rappresentativi sono per esempio Willow, The Witcher e Gli anelli del potere, ove i “tradimenti” di produzione e sceneggiatura sono stati pesantemente puniti dall’audience. E qui – lo ripeto – non si tratta di gente che odia per princìpio determinate categorie, bensì dei supernerd che conoscono i 114 nomi di Aragorn in tutte le lingue della Terra di Mezzo o quanti capelli ha in testa Geralt di Rivia. Tipi che se gli sposti un ciondolo dal braccio destro al sinistro si incazzano di brutto, figurarsi se gli presenti un elfo nero. Si chiama rispetto del “source material”.

 

Il secondo punto debole è ‘sta storia delle eroine-a-tutti-i-costi. L’onda del metoo ha prodotto caratterizzazioni femminile antipatiche, arroganti, onnipotenti, il cui intento dovrebbevorrebbe essere un riscatto virtuale alla vita reale e forse – ma ho qualche dubbio – un modello da imitare. Il dubbio ce l’ho perché se presenti un modello stronzo, egotico e invincibile, non credo possa servire da ispirazione per le deboli, sottomesse e vessate. Che fanno, il giorno dopo il film si iscrivono in palestra e a tiro a segno? Servirebbe qualcosa “più a portata” (tipo la Emily Blunt di A Quiet Place e non la Emily Blunt di Edge of Tomorrow).

Ma quest’onda ora appare in esaurimento, per ammissione delle stesse promotrici (negli USA) e portabandiera (a Hollywood). Ne consegue che il pubblico sta cominciando a trovare incongrue queste eroine tutte d’un pezzo, incazzate come mine a prescindere. E il perché viene spiegato benissimo nel terzo punto, che per me rappresenta una riflessione nuova.

 

Il terzo punto è la progressiva demolizione del concetto di eroe e la sua sostituzione con personaggi, anziché protagonisti, nel cinema contemporaneo.

L’eroe partiva da una condizione disagiata o semplicemente immatura e si temprava col tempo e le vicende vissute. Tra gli innumerevoli esempi si possono prendere Rocky, Sarah Connor di Terminator, Ian Solo di Star Wars. Ci sono quindi 1) un percorso di formazione e 2) un punto di arrivo della maestrìa.

Hollywood e dintorni hanno operato la distruzione di entrambi gli snodi. I vecchi eroi hanno perso le loro caratteristiche di personalità, venendo artatamente trasformati in vecchi idioti, per fare posto a nuovi eroi che nascono bell’e fatti, magari minorenni o appena maggiorenni, con spessore psicologico ed esperienziale pari a zero. Il passaggio di consegne è diretto, visivo, tangibile: c’è sempre la scena in cui il vecchio rinco viene salvato e da quel momento sostituito dal nuovo. In altri termini, il passaggio avviene non per trasferimento di saggezza a gioventù ed energia, ma per manifesta inadeguatezza e rincoglionimento a qualcuno spuntato dal nulla, senza una sua storia.

Tutto ciò sta creando insoddisfazione nel pubblico, e disaffezione, anche qualora gli spettatori non possiedano grosse doti analitiche: la superficialità delle nuove figurine da album è palese ed evidente in tutto il loro agire.

 

A questo punto entrano finalmente in gioco le considerazioni economiche conseguenti alla disaffezione, e chi caccia i soldi sta rapidamente facendo retromarcia, perché quello che conta è l’incasso. Questo svela il gioco a monte, che era semplicemente strizzare l’occhio a questi e quelli e non – viceversa – trasmettere un messaggio culturale o morale.

 

Bella merda, eh?

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SU DI ME

Sono Edoardo, nato a Trieste nel 1959. Lì ho ancora una casa e ci torno quando mi va, ma da molti anni vivo a Roma. A Roma sono nati i miei figli, e tanto basterebbe a giustificare sia la mia esistenza che la permanenza nella capitale. Continua...

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