Parabola greca

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Quel che molti sembrano non voler capire è il contesto culturale e ideologico, di interessi strategici ed economici che sottende la crisi greca o – meglio – di cui la crisi è motivo di palesamento. Paul Krugman, per esempio, da buon keynesiano insiste da anni sulla miopia delle misure imposte, che dimostrano di aggravare la depressione invece di combatterla. Secondo lui, insomma, ci sarebbe un comportamento ignorante e stupido da parte della troika (e, da prima, del Consiglio europeo e della Commissione).

Joseph Stiglitz, dal canto suo, preferisce puntare il dito sugli interessi finanziari, ovvero sul sistema bancario (dei creditori) che è il mammasantissima da proteggere ad ogni costo e con ogni costo.

Personalmente credo fino a un certo punto all’ignoranza culturale delle istituzioni, quanto piuttosto a interessi che fanno preferire non scegliere la strada del minimo danno complessivo a favore del beneficio di una minoranza privilegiata. A mio avviso, a determinare la tragica situazione greca c’è un sottobosco di ricatti incrociati, in cui le colpe sono ben distribuite tra gli attori, se non per quantità almeno per titolo.

Accanto alle oggettive responsabilità greche, alla miopia istituzionale europea, agli interessi del sistema bancario, c’è anche una strategia di espansione tedesca, che attira consensi attraverso le sensazioni di pancia del suo elettorato (in primis) e al distorto giustizialismo dei “buoni e bravi” di tutto il mondo. Questi si chiedono perché mai la Grecia non voglia prendere la medicina, visto che è malata. Perché la medicina mi ammazza, risponde Atene. Chissenefrega, la medicina è quella, rispondono di qua e di là dell’oceano.

Chi ha stabilito che la medicina sia quella sono alcune istituzioni, tra cui va segnalato per pervicacia e miopia – ora sì – il FMI. Il FMI non ha interessi di parte, se non di tutela metodologica. Non è pensabile che il FMI non conosca Keyens: più semplicemente, non ci crede. Ancora meglio, ha una posizione diversa. Che il FMI dica spesso un sacco di cazzate è noto. Per dimostrarlo, userò una storiella, datata 1995-6, che appresi mentre ero in Montenegro. La Banca Mondiale aveva preparato un bel pacchetto di interventi per l’Uzbekistan, secondo la dottrina della “doccia fredda”, che prevede lacrime e sangue per un breve periodo, anziché solo lacrime per un periodo più lungo. In pratica, si tratta di trasformare una giraffa in giaguaro, dopodiché – dicevano loro –  il Paese sarebbe diventato un giaguaro a tutti gli effetti. Io ero interessato alla faccenda perché avevo una notevole familiarità con l’Uzbekistan e stavo lavorando in Albania a fianco del FMI. Bene: il grande capo dell’Uz, Islam Karimov, sentita la proposta rispose “No grazie, faremo a modo nostro”. Così fece, e così l’Uz uscì dalla crisi senza né lacrime né sangue. Il FMI era talmente stupito che ordinò un studio ad hoc sul Caso Uzbekistan. Sembrava proprio non capacitarsi che i suoi sistemi non potessero essere gli unici, e tantomeno i migliori. Lessi lo studio, che conteneva molte scoperte improvvise da parte degli economisti FMI, del tipo “ma allora… allora… esiste l’acqua calda! basta scaldare acqua fredda! diavoli di uzbeki!”.

Ecco, questo mi auguro basti a far capire che non è che WB e FMI siano profeti di verità. Non del tutto, non sempre, non necessariamente, non per investitura divina. Quel che manca loro, così come manca alla Commissione europea, è ogni sia pur flebile forma di elasticità mentale, mentre per converso sono dotati di notevole arroganza, perché ritengono di conoscere i singoli Paesi più di quanto questi conoscono sé stessi. Si muovono per parametri: un contadino americano, secondo loro, equivale a 50 contadini uzbeki. Sono pur sempre tutti contadini, no? No, amici miei. Se non sai perché e come agisce un contadino uzbeko, quali vincoli culturali ha e di quali supporti si può avvalere, traccerai un quadro falso, corrispondente all’assurda ipotesi che l’Uz sia popolato di contadini americani. Per identico e speculare motivo, il tentativo della WB di importare in Asia centrale il modello di microcredito Gramin bank è fallito: l’Asia centrale non ragiona come il Bangladesh.

Questo spiega la notevolissima inerzia tecnica di alcuni organismi, ma non spiega la pervicacia nel caso greco.

Sul campo di battaglia greco abbiamo:

– vincoli di bilancio imposti a cazzo (su tutti i Paesi), letteralmente lanciando a suo tempo i dadi;

– interessi ben nascosti di singoli Paesi (Germania su tutti);

– interessi palesi del sistema bancario internazionale;

– interessi non troppo pubblicizzati degli Stati Uniti acciocché l’euro si indebolisca come  moneta di transazione commerciale;

– interessi cinesi – non ancora esplicitati – a rilevare in blocco l’economia greca, pagando il giusto (cioè il meno possibile), come per una squadra di calcio in liquidazione;

– l’interesse della UE a far valere i propri trattati e i conseguenti metodi operativi, pena sputtanamento della progettazione originale (Maastricht e PSC = patto di stabilità e crescita).

Chi paga? Il Franti di turno, ‘che certamente la Grecia è la cicala della favola, e tutte le formichine vogliono vederla naufragare.

Credere che l’Europa pensi al bene dei suoi figli lo dicono solo i depliant a Brussel. Posso citare decine di casi in cui emerge il sostanziale disinteresse europeo per uno sviluppo complessivo, omogeneo e sostenibile dei suoi Paesi membri. L’Europa al momento è una scatola di Edgeworth di contrattazioni negoziali, in cui il più forte prende quanto può, mascherandolo da interesse comune. Né più né meno della teoria dello scambio internazionale (Vantaggi comparati) di David Ricardo, che “dimostrava” che il Portogallo non doveva rompere i coglioni e mettersi a produrre quel che già produceva l’Impero britannico, ma restasse a esportare solo vino: le basi “oggettive” della teoria economica le scrive chi è in vantaggio, per mantenerlo.

Basta guardare: si sta chiedendo alla Grecia l’Impossibile, facendo leva sull’assurda ipotesi che i greci siano tedeschi e sul ricatto che a suo tempo Atene abbia giurato di essere come Berlino, con verosimiglianza pari alle confessioni estorte sotto tortura. Non era più saggio, lungimirante e amorevole ammettere all’inizio che “No, non sei Berlino”? C’è – c’è sempre stata – una sconfinata ipocrisia di fondo, nella costruzione dell’Europa. “The dice were loaded from the start”: lo sapevano tutti, non l’ha detto nessuno. E perché? Perché i governanti di turno sono interessati solo al brevissimo periodo, a fare bella figura finché sono in carica: l’ho visto in Romania, Rep. Ceca, Polonia, Bulgaria, Bosnia. Gli piace di più dire “Abbiamo raggiunto un accordo… abbiamo chiuso un altro capitolo [della matrice di acquis communautaire per i Paesi candidati]” anziché calcolarne le conseguenze sull’economia.

Vi sembra un’Europa saggia e lungimirante, questa?

Invece dei volantini sull’Europa dei popoli e delle regioni, a Brussel farebbero bene a preparare un bello e onesto striscione: “L’economia è la prosecuzione della guerra con altri mezzi”.

Datevi pace: i prossimi siamo noi.

3 comments

  • Ai crucchi non è andata bene con le panzertruppen di Guderian e perciò ora ammazzano i poveracci semplicemente affamandoli.
    D’altra parte, in questo campo, hanno acquisito competenze ed efficenze non comuni e più a buon mercato che con i kampfwagen Tigre.

  • Ernst Junger riportava un colloquio avuto con un contadino tedesco il quale aveva ricevuto da un lager dei prigionieri russi da utilizzare come schiavi braccianti sui campi.
    Il contadino era scandalizzato perché questi subumani rubavano il cibo ai maiali.
    Arendt, riportando l’aneddoto, dichiarava che questo è un tipico comportamento tedesco ovvero, anche in assenza di vera brutalità, v’è l’incapacità di mettersi nei panni degli altri.
    Attualmente gli indici di mortalità della popolazione greca si sono impennati perché mancano i soldi per comprare farmaci e perché il servizio sanitario in generale non riesce più a erogare prestazioni degne di questo nome a causa dei tagli imposti.
    Non mi stupirei se scoprissi che anche la malnutrizione contribuisce al precipitare delle aspettative di vita e di benessere (letterale) dei greci.
    Ma ciò non basta a fermare le pretese di chi ha già la pancia piena, anche grazie ai soldi spostati dalle tasche dei disperati alle proprie.
    Ecco, è questa mancanza di compassione, intesa nell’autentico suo significato etimologico, che mi fa preoccupare.
    Leggo la banalità del male e scopro che, dietro il paravento di vuoti luoghi comuni (solidarietà, sviluppo, amicizia tra i popoli, e altre balle di questo tenore), negli ultimi settant’anni nulla è cambiato.
    Esagero?

  • No, secondo me non esageri, e anzi individui meglio di come ho fatto io le ragioni profonde dell’approccio UE, che è determinato da ALCUNI Paesi. Non sono solo i tedeschi: per la mia esperienza ci puoi mettere altrettanto bene inglesi, olandesi, danesi. Tutta questa gente, che ho visto sul campo, se ne sbatte non per cattiveria ma per struttura mentale delle esigenze e della mentalità delle popolazioni cui presta assistenza tecnica. “Le regole sono queste” è il mantra. E’ gente che segue le istruzioni della libretta alla lettera, non chiedendosi mai chi, come e perché quelle istruzioni le ha scritte in quel modo. Gente che si inchina a un’autorità superiore senza alcuno spirito critico (qui vengono in mente di nuovo – è vero – soprattutto i tedeschi dell’omino coi baffi). Ho visto accadere la stessa cosa in Russia, al che i russi hanno risposto: “Andate affanculo, voi e i vostri programmi di merda”. La UE non ha più un singolo programma, in Russia.

SU DI ME

Sono Edoardo, nato a Trieste nel 1959. Lì ho ancora una casa e ci torno quando mi va, ma da molti anni vivo a Roma. A Roma sono nati i miei figli, e tanto basterebbe a giustificare sia la mia esistenza che la permanenza nella capitale. Continua...

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