Ieri mi sono rivisto il documentario di Hitchcock su Bergen Belsen, trasmesso in tv.
Me lo impongo ogni anno (non sono immagini leggere) e ogni anno mi faccio la stessa domanda: come potevi dire di no? Da un lato la mostruosità dei fatti, ingiustificabile; dall’altro i secondini, abbrutiti non quanto ma come gli internati (particolarmente significativa la noncuranza con cui le kapò gettavano i corpi nelle fosse comuni, sotto il controllo alleato).
A me interessa il lato individuale, psicologico dei secondini. Cerco – da anni – una via d’uscita che non riesco a trovare. È un discorso difficile e impopolare, me ne rendo conto. Il primo stimolo, a caldo, è di mitragliarli tutti, indistintamente: vedi cosa hanno fatto, li metti in fila, gli spari sul bordo delle fosse, così che giacciano come le loro vittime. Però ti rendi conto che gli alleati non l’hanno fatto e ti chiedi come mai, come accidenti siano riusciti a non farlo.
Dove inizia e finisce la responsabilità? Chi ce l’ha? Il comandante del campo? Solo lui, o nemmeno lui? Gli alleati hanno operato una scelta, in base al grado. È un metodo empirico, utile come un altro per accantonare gli scrupoli morali, ma non è una risposta di Giustizia. Qual è la giustizia, in questi casi?
L’essere umano è capace di incredibile adattamento, nel bene e nel male. Hai scelta, quando o obbedisci o muori?
Non ho una risposta, anche se la cerco da molti anni. Trovare una qualunque risposta, di condanna o assolutoria, mi farebbe stare molto meglio, metterebbe il coperchio alla pratica, come succede in Cold Cases. Ma non ce l’ho.
Chi ce l’ha?
La risposta è che una enorme frazione della popolazione (tutte) è composta di puri assassini e molti di questi sono pure seriali.
Una minoranza di questi se ne strafotte degli apparati di prevenzione e repressione e fa il salto senza remore ammazzando la gente nelle occasioni più disparate e per i motivi più vari, i rimanenti, timorosi oltre che della legge pure della riprovazione sociale, rimangono in standby, più o meno consapevoli della loro vera inclinazione e, appena se ne presenta l’occasione, una guerra, un cataclisma, la partita di calcio, finalmente riescono ad agire secondo natura.
In fondo, sono meno spregevoli i primi.
Siamo fatti così.
Dissento totalmente. E se provi a contraddirmi, ti uccido.
In effetti, non fosse per le probabili conseguenze, avrei una mia lista, cui applicare metodi di terminazione più o meno efferati, a seconda del soggetto. 🙂