A seguire Politica economica II eravamo in 12. Poi saremmo rimasti in ancor meno, ma quello era il numero alle prime lezioni.
Si presentò questo professore bassotto, un po’ sovrappeso, certo non bellissimo, e cominciò a fare su e giù davanti alla cattedra (non ricordo di averlo mai visto seduto). Aveva una voce monotona che si perdeva nell’aula troppo grande e vuotissima. Dopo la prima lezione ci guardammo tutti e 12, inteneriti. Che facciamo, gli svuotiamo ulteriormente l’aula? No, io resto. Così mi presi ‘sto fardello.
Politica economica II era un esame fondamentale per chi seguiva il piano generale: la vera economia, l’economia dei veri. Già Politica I era stato una palla, con Guido Maria Rey (presidente ISTAT) che per cortesia aveva mantenuto il libro di Federico Caffè, ma era chiaro che non gliene fregava niente. Rey era piuttosto antipatico, mentre il nanetto di Politica II no: era solo insignificante.
Dopo un mese ci disse “Ragazzi, la prossima settimana niente lezione perché non ci sono”. Ok. Dopo un altro mese “Ragazzi, la prox settimana etc. etc.”. Forse avrà un torneo di bocce – pensai – e si è qualificato per i quarti. Alla fine della seconda lezione col “Ragazzi etc. etc.” entrò una di noi 12 e disse: “Ma guarda, c’è un avviso qui fuori che dice che il prof sarà relatore a un convegno a Berkeley”. A Berkeley? Cominciammo a guardare il tipo con un nuovo e timido rispetto. Beata gioventù.
Finiti i Mercantilisti, cominciò a parlarci di moneta. Dovemmo comprare il suo libretto, che era ed è il più bel giallo io abbia mai letto fuori dalla categoria gialli. Racconta la storia della Banca d’Inghilterra in maniera così avvincente, viva e piena di colpi di scena, da essere un vero thriller. Lo imparai praticamente a memoria, non certo per studio ma per semplice passione: era semplicemente fantastico.
Al mio esame mi ricordo il prof che chiedeva all’assistente: “Che ne dice? Proviamo con 30 e lode?”. Io non ce la facevo più e glielo dovetti dire: “Professore, la ringrazio ma questa è la lode più rubata che abbia mai preso. Il suo libro [Moneta e Impero] l’avrei letto anche senza esame”. Si fece una risata (compiaciuta) e ci salutammo.
A quell’epoca non c’era internet e le notizie non erano reperibili con la stessa banale facilità di oggi. Sennò non ci avrei messo tanto a sapere chi era Marcello de Cecco.