Ragionavo su una cosa che ho in mente da decenni (almeno 4).
Grazie alle leggi razziali del ’38, la Destra italiana del dopoguerra si è sempre schierata dalla parte dei Palestinesi. Ricordo i manifesti del Fronte della gioventù già negli anni ’70. Parallelamente i “vecchi fascisti” – che sarebbe a dire i fascisti vecchi – mostrano ancora, a tratti, espressioni anche pubbliche di antisemitismo.
Ora, è chiarissimo che dal punto di vista valoriale, culturale e socio-economico Israele e tutta “la cricca ebraica” è infinitamente più vicina al pensiero della Destra di qualsiasi palestinese, pecoraro o acculturato. Israele e tutti gli ebrei, ovunque sparsi, sono occidentali fino al midollo; i palestinesi no.
Ho sempre trovato tra il ridicole e l’immensamente stupide le contorsioni che la Destra italiana ha dovuto fare per rimanere fedele al “pensiero originale” del ’38, considerato tra l’altro che al contrario che in Germania esso era tutt’altro che diffuso nel nostro Paese e ha costituito una forzatura superimposta e una rottura sostanziale con le tradizioni culturali italiane. In uno stato non dittatoriale, per una cosa del genere il governo sarebbe caduto in 5 minuti.
Israele, a torto o a ragione, spesso mostra comportamenti “fascisti” e decisionisti in ambito di politica estera. Guarda caso, essi corrispondono perfettamente alla politica dei sacri confini che dal 1923 caratterizza ufficialmente la nostra Destra. Il si vis pacem para bellum starebbe altrettanto bene sul palazzo della civiltà del lavoro dell’EUR che all’ingresso della Knesset.
Quando – mi domando – i fascisti vecchi e nuovi faranno pace con la memoria del meno condiviso provvedimento del duce, le cui uniche motivazioni erano politico-strategiche?
La guerra è finita, l’omino coi baffi è morto. Perciò: quo usque tandem? O – in latino moderno – che, ‘a fate finita?