
A volte ritornano (omaggio a Gaio Fratini)
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L’avevo scritta su un murales (ma ci va, la esse, se è uno solo?) a casa mia. Poi la casa è cambiata e l’ho persa. Come si fa, a perdere una roba del genere? Si fa, si fa.
Machissenefrega – direte voi. Giusto. Machissenefrega lo dico pure io. L’importante è averla ritrovata. Questo, grazie alla Classificatrice Globale (Arianna). Perché se l’avevo scritta su un murales (embè? sta esse?), l’avevo pur presa da qualche parte, no? Eggià. Era il 12 marzo 1989.
Ozonia, alba di vetro, incontinente
aria di fuoco, zuppa
inglese, litorale
di siberiane luci
gialle come di sera
pedalando fra Rimini e Cattolica:
in fondo a destra ti ritrovo, immenso
water dove il vulcano
tossisce ed Ercolano
nuovamente sprofonda.
Ombre cinesi esporti, orinatoi
trasparenti, elefanti di caucciù,
squarci di Orient Express pietrificati,
convenzionali modelle fra il ghiaccio
esploso dell’Antartide,
atomiche di panna giapponese,
armigeri di zucchero filato.
Sei lagunare gondola funerea
- De Pisis, Mann, Comiso –
che si avvicina a un acre
abisso di catrame e ceralacca,
anagramma, sinonimo di Bomba
H, tu, ingovernabile
Ozonia, regredita ad acquitrino
di narratori-spray che a notte scrivono
“Maometto c’è” sui muri del Cremlino.Gaio Fratini