Tipi AUC

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La divertente e divertita frequentazione di un gruppo fb per ex ufficiali del Complemento come me mi sta facendo riconoscere attraverso i vari post e commenti dei suoi membri alcuni “tipi AUC”, che in realtà sono semplici tipologie di persone, che in più hanno fatto l’AUC. Proprio come durante il Corso, ho ritrovato atteggiamenti, termini e modi di vedere che si raggruppano intorno a caratteristiche comuni.

I “Rambo”. L’AUC è stata l’occasione per fare quello che avrebbero fatto comunque e dovunque, anche nell’esercito nordcoreano, purché qualcuno gli desse modo di dimostrare quanto siano nati duri, cazzuti, massicci e incazzati. I reparti di riferimento sono la Folgore, il Comsubin, i Lagunari… ma non gli basta: il loro sogno era trovarsi “su navi da combattimento in fiamme al largo dei Bastioni di Orione“. La foto più tranquilla li ritrae dormienti, con un bowie tra i denti e una bomba de-spolettata sotto il cuscino, che naturalmente è un paracadute ripiegato.
Innocui: basta dirgli sempre che sono i migliori (e massicci, e incazzati…).

I “Patrioti”. Tutto quello che hanno fatto in vita loro è stato per l’Italia, fosse pure mangiarsi le pasterelle la domenica o trombarsi la compagna di scuola tettona. Ovvio che il loro AUC era al 101% a difesa dei sacri confini, in chiarissima continuità con El Alamein, Magenta, Lepanto… fino a Scipione l’Africano. Invece delle foto della morosa, sulla branda appendevano quella del presidente della Repubblica e del capo di Stato Maggiore, qualche volta Giulio Cesare. Le mutande tricolori sono state inventate per loro.
Gestibili: ricordarsi di salutarli con “Viva l’Italia!” e l’Inno di Mameli in sottofondo.

I “Modesti”. Prima di assumere la I nomina, hanno ricevuto i telegrammi dal comandante di Distretto e da quello della caserma, che si volevano presentare. Dal primo giorno di servizio sono stati nominati facente-funzioni di tenenti, maggiori, generali di Corpo d’Armata. Sotto il loro comando, la peggior compagnia punitiva è risorta agli antichi fasti. Vista la rilevanza del servizio reso, al congedo gli hanno intitolato la caserma o almeno un reparto. Nell’unico incubo notturno (ricorrente) che li perseguita, un caporale analfabeta gli batte la stecca e li comanda in cucina a sbucciare patate.
Ingestibili: non mettete mai in dubbio le loro parole, anche se avete documenti ufficiali dalla vostra. Alto rischio di rappresaglia.

I “Contabili”. Per loro l’avventura militare è solo una delle forme di avanzamento onorifico che punteggiano l’esistenza. “Se riscatto il Corso, faccio due richiami, abbasso il sei e riporto il tre e mi conteggiano anche il boy scout e il Club di Topolino, tra 12, massimo 14 anni, sarò promosso vice capitano aggiunto in prova. A 109 anni sarò generale“. Sì. delle Giovani Marmotte.
Manipolabili: se gli sottoponete un difficile problema (anche falso) di onoreficenze e promozioni che vi riguardi, vi saranno grati per sempre. Solo che non ve ne libererete più.

I “Sussiegosi”. Hanno scambiato l’esperienza AUC per un invito a Corte, magari dal Sultano del Brunei con annessi elefanti. Sono tutti un “esimio collega“, “chiarissimo compagno di corso“, “illustri fratelli d’Arma”… Tipico il loro richiamo grave e altezzoso in caso di discussioni un po’ accese: “Suvvia, siamo Signori Ufficiali!“, dimenticando che – come ovunque – anche tra gli ex signori ufficiali possono prosperare fiere teste di cazzo. Secondo loro l’aver vinto per fortuna, abilità o raccomandazione un concorso 30 anni fa li mette su un piedistallo esistenziale, al riparo dalle volgarità del mondo, facendoli brillare di luce propria dal tramonto all’alba, come i lampioni da cui hanno mediato una certa rigidità formale.
Suscettibili: se non siete premi Nobel o magistrati di Cassazione tendono a prendersela a male, in quanto non adeguati alla loro idea di come dev’essere un (ex) AUC. Se proprio dovete parlarci, iniziate con “Colendissimo…“, proseguite con il Lei e concludete con “Mi creda suo“.

I “Rancorosi”. Non riescono a capacitarsi che per il solo fatto di aver assolto gli obblighi militari nel Complemento nessuno gli abbia intitolato una piazza o almeno un busto bronzeo in qualche scuola elementare. Strano, perché nella loro visione essere stati AUC vale quanto aver scoperto una cura per il cancro o scalato il K2 in ciabatte e canottiera. La Nazione li ha dimenticati, peggio di Garibaldi a Caprera.
Tristi: l’unica redenzione possibile è che un’anima pia paghi di tasca propria un targa marmorea e gliel’attacchi al muro di casa, con su scritto “La Patria riconoscente qui pose“.

Trasversale su tutte le tipologie. Non c’è UNO – dicasi uno – tra gli AUC i cui superiori non fossero “di costante esempio e riferimento”, il reparto meno che “glorioso”, il periodo storico della loro compagnia/batteria meno che “mitico”. Scopriamo che l’esercito italiano ha sempre funzionato come un orologio svizzero in mano a ingegneri tedeschi e c’è da stupirsi che non dominiamo il mondo. Miracolosamente ufficiali frustrati, marescialli ladri, truppa becera non sono mai esistiti, o sono capitati a qualcun altro.
Regalo per Natale: un dizionario di Retorica e Stilistica.

2 comments

  • Darei un anno di vita per…. Cedo volentieri quello del militare. Car con i bersaglieri: un mondo demente. Servizio con il genio: guastatori degni di un film di Oliver Stone. Una realtà claustrofobica con compagni (?) allo stato ferino, sottufficiali ingordi come maelstrom, ufficiali travet con mostrine, sfigati, esaltati, checche isteriche johnrambanti. Insomma, qualcosa che credo si possa paragonare, per istinti repressi, a un seminario irlandese.Da militare tutto è ridicolo. Il vestiario, il gergo, gli attori, le finalità, la retorica, l’amnesia di una epopea contemporanea ingloriosa e indecente. Credo di aver formulato lì il mio motto:”non obbedire, non comandare.

    • Non sono per nulla contrario all’idea di fare il militare di leva, ma ero allibito da COME la cosa era organizzata e cosa produceva: un anno di perfetta inutilità dentro un meccanismo inefficiente e assurdo. A decidermi a tentare il concorso AUC fu un mio collega di palestra shotokan: soldato semplice, mi raccontava che i najoni passavano il tempo a tirare le mele della mensa agli studenti del liceo lì di fronte, perché non avevano nient’altro da fare tutto il giorno. “Magari” – mi dissi – “riesco a farmi pagare per stare in divisa”. La particolarità dei due servizi che ho poi svolto mi ha messo al riparo da ogni contatto coi najoni. L’ho scampata bella, ma se ci penso mi vengono ancora i sudori freddi.

SU DI ME

SONO EDOARDO, NATO A TRIESTE NEL 1959. Lì ho ancora una casa e ci torno quando mi va, ma da molti anni vivo a Roma. A Roma sono nati i miei figli, e tanto basterebbe a giustificare sia la mia esistenza che la permanenza nella capitale. CONTINUA...

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