Seconda esperienza teatrale

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A 10 anni dalla prima, ho voluto fare una seconda esperienza di laboratorio teatrale. Per tre motivi: 1) socializzazione; 2) esibizione; 3) tecnica.

Nuovo contesto abitativo: beh, vediamo la gente di qui. Non mi vergogno a esibirmi e a cercare di trasmettere qualcosa a chi mi ascolta. So di avere carenze tecniche, soprattutto nell’uso della voce.

 

Questa seconda esperienza mi sta servendo soprattutto… a rivalutare la prima! Perché no, questa volta non ci siamo affatto. Per stessa ammissione – estorta – dell’insegnante-capo del mio gruppo, il laboratorio serve principalmente a far divertire gli iscritti, e in qualche caso anche come terapia per i loro problemi di timidezza o familiari. Non sono buone premesse, eh? La logica è commerciale: tu paghi, noi ti facciamo impiegare il tempo. Questo laboratorio non produrrà molto di più delle recite improvvisate dai turisti in crociera o nei villaggi-vacanze sotto la guida dell’animatore di turno.

Ci hanno fatto provare molte cose, dal movimento corporeo al – persino – combattimento scenico (schiaffi, pugni, calci…), ma il problema è che appunto ce li hanno solo mostrati, fatti provare per gioco. Mentre 10 anni fa tutto quanto imparato a lezione aveva poi la sua conseguente applicazione nello spettacolo di fine corso, stavolta si è trattato di spunti lasciati lì sospesi, tanto che se avessimo cominciato a lavorare direttamente sul copione dopo due settimane dall’iscrizione non sarebbe cambiato niente, in termini qualitativi.

 

A latere: il copione fa veramente schifo. È un maldestro adattamento di due pezzi di Achille Campanile, le cui indubbie doti satiriche sono però assai datate. E non mi piace il registro – che è comico-grottesco.

 

Un altro grave errore verso gli “studenti del primo anno” quali noi siamo è di non aver calibrato i personaggi su ciascuno di noi: tutti sanno che al primo anno è già tanto se l’allievo riesce a fare sé stesso, ed è ciò che devi fargli fare.

Questo spirito da dilettanti in vacanza produce anche scarso impegno personale: a un mese e mezzo dallo spettacolo girano ancora tutti col copione in mano, perché nessuno studia.

A conferma delle mie impressioni sul livello di questa scuola c’è la qualità degli spettacoli degli studenti degli anni successivi, che sono andato a vedere (a pagamento!). Mi sono vergognato per loro, tanto erano scarsi.

 

A questo punto, non sarà che erano le mie aspettative a essere troppo elevate? Che attraverso un semplice laboratorio non si più pretendere di fare davvero teatro? Certamente è così, ma rimane la mia esperienza precedente a smentire il fatto di non poter ottenere un prodotto dignitoso.

Questa scuola al secondo anno vuole farci fare Shakespeare. Quasi quasi resto iscritto, giusto per farmi due risate. Già vedo uno dei miei più promettenti colleghi a fare Macbeth: “Ahò! Sù daje annàmo, che c’avemo da combatte ‘na guera! Dateve ‘na mossa, ‘nfamoni!”.

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SU DI ME

Sono Edoardo, nato a Trieste nel 1959. Lì ho ancora una casa e ci torno quando mi va, ma da molti anni vivo a Roma. A Roma sono nati i miei figli, e tanto basterebbe a giustificare sia la mia esistenza che la permanenza nella capitale. Continua...

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