Non mi interessa parlare di Sinner, che mi piace e ammiro. Mi interessa il processo – tutto italiano – della sua santificazione. Per la verità non è un cosa solo italiana: accade anche in tutti quei Paesi sfigati nei quali ogni tanto emerge un campione, o anche solo un buon professionista. In Macedonia mi parlavano sempre di Pandev, che era un buon giocatore ma non certo Maradona.
Quindi l’Italia è un Paese sfigato? Sotto questo aspetto, senz’altro sì. Càpita che ogni tanto in una nazione di 60 milioni di abitanti nasca un fenomeno, che è cosa assai diversa dalla nascita di una Scuola. Carlsen è un fenomeno, ma non esiste una Scuola norvegese di scacchi.
Il punto non è la casuale – ma statisticamente non impossibile – apparizione di un fenomeno, bensì l’uso che ne viene fatto. In Italia, forse perché c’è il Vaticano ma assai più probabilmente per nostri complessi di inferiorità, piace molto santificare. Per fare solo due esempi, abbiamo santificato la Pellegrini e la Cristoforetti. Mettiamoci pure Yuri Chechi, và. La prima – è vero – ha vinto di tutto e a lungo, la seconda è un’astronauta come tanti altri, il terzo ha vinto anche le olimpiadi, ma non era né Olga Korbut né Nadia Comaneci. Pellegrini, Chechi e Cristoforetti sono delle icone, non più delle persone. Dovunque vadano, facciano o dicano, vengono accolti da applausi infiniti e ascoltati su qq argomento come guru. Per esempio in America, McEnroe e Courier oggi fanno i telecronisti, e finita lì.
In Italia c’è un rapporto strano tra i media e l’opinione pubblica da una parte e le figure importanti dall’altra: simboleggiano un eroismo astratto, assoluto e non criticabile. Forse è vero che da noi emergere in campo internazionale è più difficile che altrove, perché il nostro modo di programmare e organizzare fa schifo, ma la sostanza è che continuiamo a sorprenderci di avere cittadini capaci di combinare qualcosa. Problema che, per esempio, in Francia o Germania non è certo sentito.
Quand’è che smetteremo di spremere “i nostri eroi” fino all’ultima goccia di esistenza? Quand’è che lasceremo in pace Sinner per ciò che è (un bravo ragazzo, grandissimo tennista)? Quand’è che cambieremo mentalità e smetteremo di aspettare di poter gridare al miracolo, per poi conservarlo e proteggerlo come il sangue di San Gennaro?
Eh… ho sempre in mente Massimo d’Azeglio: “L’Italia è fatta, ora bisogna fare gli italiani”.
Avere degli Achille di riferimento soddisfa l’esigenza atavica di identificarsi come parte di una tribù.
La spinta individualistica ti impedisce, nella vita di tutti i giorni, di averne una.