Noi (baby) boomer

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Ciao, sono un (baby) boomer. Preferisco quando mi danno semplicemente del boomer perché, a 64 anni, tanto baby non mi sento più.

 

Quand’ero giovane, guardavo i grandi con un misto di rispetto, disprezzo, invidia. Immagino che oggi i gggiovani guardino me nello stesso modo. Ma forse c’è una differenza quantitativa: credo che il rispetto sia diminuito, e disprezzo e invidia aumentati.

 

Quand’ero giovane mi sentivo bloccato dalla società, ma non immobilizzato. Si poteva ugualmente farsi strada, anche se non agevolmente. Oggi i gggiovani si sentono deviati, posti su un binario che porta il loro futuro lontano da quello che noi immaginavamo come il (possibile) nostro. A voi la disamina dei molti perché.

 

Ma qui voglio parlare d’altro, cioè di solidità. Noi boomer siamo solidi – qualcuno solidissimo – nelle nostre convinzioni ed errori. Sappiamo chi siamo e importa poco essere giusti o sbagliati. Viceversa, il continuo bombardamento di tutto e il contrario di tutto cui sono sottoposti gli attuali gggiovani crea loro un sacco di problemi esistenziali, che si traducono in pensieri e comportamenti schizoidi. Chi si sente tranquillo, in mezzo alla tempesta? A che gli serve una bussola, che comunque non ha?

 

Noi boomer scriviamo patetici post nel cimitero degli elefanti che si chiama faccialibro, ove ricordiamo fantasiose Età dell’Oro in cui esistevano i gettoni del telefono e lo status symbol era una Vespa. Ci rispondono i nostri coetanei, che a ogni foto che postiamo ci rassicurano con un “siete bellissimi!”. Però quei ricordi sono rocciosi, tangibili, perché inquadrati in un preciso contesto di realtà ed esistenza in cui ci sapevamo riconoscere e orientare.

 

Creperemo con la dentiera e ascoltando Orietta Berti, ma l’importante è avere avuto i soldi per comprarla, quella dentiera. Che facessimo l’operaio o l’avvocato avevamo una casa, una fidanzata e un’auto comprata di tasca nostra.

 

E abbiamo ricordi di un’infanzia e un’adolescenza in cui i nostri genitori ci seguivano e cercavano di supportarci quanto potevano, perché sapevano prendersi le loro responsabilità. Anche se li disprezzavamo, quelle cose ce le hanno date lo stesso, e oggi lo riconosciamo. È questo, ad averci resi solidi: la loro coerenza.

 

I nostri modelli obsoleti rimangono validi solo per noi, ma è a noi che devono servire. E funzionano ancora. Non so cosa riserva il futuro, alla società, e sinceramente spero per i gggiovani che risulti più chiaro a loro di quanto appaia a me, al quale ricorda sempre più la letteratura cyber degli anni ’90, dove volutamente veniva forzata l’immagine di un mondo talmente fluido e mutevole che nessuno era l’eroe di sé stesso, e tutti erano vittime sacrificabili degli eventi (Dick, Gibson…).

 

Da un po’ di tempo, quando mio figlio scherzosamente mi sfotte chiamandomi “boomer”, mi spunta un piccolo sorriso mentre penso ’Sì, e me ne vanto. Sono stato fortunato’.

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SU DI ME

Sono Edoardo, nato a Trieste nel 1959. Lì ho ancora una casa e ci torno quando mi va, ma da molti anni vivo a Roma. A Roma sono nati i miei figli, e tanto basterebbe a giustificare sia la mia esistenza che la permanenza nella capitale. Continua...

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