
Il paradosso dei gemelli è uno dei cavalli di battaglia di chi illustra la Relatività Ristretta.
Credo tutti lo conoscano: un gemello resta a terra, l’altro fa un giro nello spazio e quando torna è più giovane del primo (più precisamente è invecchiato di meno). Ma poiché anche quello rimasto a terra può – giustamente – immaginarsi di essere lui ad allontanarsi con tutta la Terra, mentre l’altro resta fermo con l’astronave a mezz’aria, non si capisce perché al suo “ritorno” risulti ancora lui il più vecchio. Paradosso: i sistemi di riferimento (inerziali) non sono tutti equivalenti? Sì. E allora perché non vale la simmetria, la specularità, in quel che accade veramente?
Perché la dinamica delle traiettorie dei due gemelli non è la stessa. Il gemello sul razzo a un certo punto inverte effettivamente il suo moto e ciò cambia il suo sistema di riferimento. Nel nuovo sistema, l’età del gemello rimasto a terra non è più quella di un istante prima, bensì è cambiata drasticamente.
La lezione da portare a casa è che la percezione del tempo trascorso nei vari punti dell’universo dipende dal nostro sistema di riferimento: se questo cambia può cambiare tutto il quadro, e istantaneamente.
Molti divulgatori non sono d’accordo sul fatto che per spiegare e sciogliere il paradosso basti la Relatività Ristretta, ma serva invece quella Generale. Questo è un punto abbastanza sottile, perché anche se si riesce a ricreare un esperimento virtuale in cui tutti si muovono di moto rettilineo uniforme o stanno fermi (situazioni entrambe inerziali), c’è un punto in cui qualcuno inverte il proprio moto o perlomeno “sembra che lo inverta” per chi lo osserva, e un’inversione di moto richiede un’accelerazione.
In concreto non c’è nessuna accelerazione da parte di nessuno, ma il cambiamento di sistema di riferimento ne fa comparire una “virtuale” e per giunta infinita (perché istantanea).
Tuttavia, la contro-obiezione è che nella spiegazione non c’è bisogno di invocare la Gravità né lo spazio-tempo curvo, che sono i fondamenti della Relatività Generale. Insomma: il problema è definitorio, non sostanziale.
La mia personale opinione – che vale zero – è che basti la Relatività Ristretta, una volta specificato che nei problemi di RR si possono presentare “accelerazioni apparenti” che non hanno nessun fondamento gravitazionale.
A ogni modo: è molto istruttivo cercare di risolvere il paradosso, perché ci fa capire un po’ meglio la relatività dei concetti di tempo, spazio e simultaneità, cui di solito attribuiamo una solidità ontologica che non hanno.
A latere. Si pensa sempre che Einstein sia il genio assoluto. Probabilmente è uno dei tizi che si è avvicinato di più a esserlo, ma pure lui prendeva belle cantonate, anche a proposito della sua stessa teoria. Nel 1918, cioè 13 anni dopo aver pubblicato il suo lavoro sulla RR, a Berlino a uno studente fornì una spiegazione completamente sbagliata della soluzione del paradosso. Segno che districarsi tra le implicazioni concettuali della RR non è sempre banale.