Il risultato di queste elezioni americane sarà soggetto a un enorme numero di analisi, non politologiche ma sociologiche e storiche. E’ in atto qualcosa che sinora non si era mai visto tradotto in espressioni di voto: oltre all’evidenza di una preferenza di schieramento, è in atto una protesta contro il Sistema. Non a caso tutto il Sistema sta reagendo (male), da Parigi a Pechino.
Personalmente, trovavo più ragionevole una vittoria della Clinton, benché essa sotto il profilo etico mi spaventi molto più di Trump. E’ una femmina laidamente arrivista, con lo sguardo spiritato dalla sete di potere e una testardaggine amorale che la rende molto simile a Dolores Umbridge. E’ il prodotto raffinato di tutto ciò in cui non credo. Tuttavia conosce le regole del gioco, anche se non è il mio, e avrebbe garantito lo status quo, o meglio la deriva della globalizzazione da terzo millennio.
Trump invece è il Jolly di Batman, con la stessa folle imprevedibilità. Ci sarà da divertirsi: già immagino i duetti Trump-Kim Jong Il su chi ce l’ha più lungo.
La mia reazione emotiva e quella razionale sono del tutto contrastanti: la prima plaude alla vittoria del Vagabondo, o meglio alla sconfitta della Umbridge, la seconda paventa il “che succederà adesso” che è tornato di moda Li’l’ Abner. Ma – forse vi semberà strano – stamattina mi sono svegliato più contento così che se fosse finita nell’altro modo.