Mi avete rotto i coglioni

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È mai possibile dover pagare dazio ogni volta che si guarda una serie (Netflix, Disney+, Sky, Amazon…)?

È mai possibile che per forza ci debba essere qualcuno di colore (=nero, negro), qualche gay (=frocio, ricchione), qualche super-eroina incazzosa che prende a calci in culo guerrieri 10 volte più grossi di lei?

 

Nel 1959 Orfeo Negro vinse una Palma d’Oro, e l’anno dopo l’Oscar, come trasposizione del mito. E questa è una cosa. Un’altra è farci entrare a forza personaggi implausibili sotto il profilo storico, geografico, culturale. Perché a Numenor c’è una regina nera? E come mai suo padre è bianchissimo? E i proto-hobbit neri?

 

Perché in ogni cazzo di serie c’è sempre il ricchione (meglio due, così nasce la tresca), una lesbica infelice (perché non l’hanno ancora accoppiata) e quella di 1 metro e mezzo che atterra i buttafuori di 120 kg?

 

Questa è “inclusività”?

 

Perché non pensate ai diritti delle minoranze anziché ai contentini d’immagine? La serie Netflix fa vivere meglio le lesbiche? Evita alle donne di essere molestate perché i cattivoni le scambiano per Galadriel e si tengono a rispettosa distanza? Toglie la gente dal ghetto? Non mi pare, non mi pare assolutamente.

 

E allora? Di cosa è figlia, questa profusione di stronzate? E a cosa mira?

2 comments

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  • Mah, Edo, sicuramente la cultura del politically correct a tutti i costi ha prodotto degli obbrobri terrificanti. Forzature, anacronismi e non sense, come se piovesse…..e, fatalità, oggi diluvia.
    C’è da dire, però, che un minimo sforzo per estendere i “caratteri” cinematografici oltre lo stereotipo di vecchio stampo hollywoodiano alla John Wayne, ovvero bianco, lavato e stirato, anche dopo aver attraversato a cavallo chilometri di prateria e dormito tra i cactus, andava fatto.
    Qualche giorno fa ho potuto seguire un video che mostrava le reazioni emtive di alcune bambine di colore alla versione colored di “La sirenetta”. Beh, è stato commovente vedere il loro entusiasmo accompagnare frasi come “She is black, like me!!”
    Credo, quindi, che un qualche accorgimento per adeguare gli standard dei prodotti cinematografici su modelli meno “ariani” fosse d’obbligo. Poi, sono d’accordo con te che il troppo storpia. Ovunque.

    • Come ho detto a proposito di Orfeo Negro, non c’è problema nel trasporre. Il problema è nella coerenza: Orfeo Negro non lo ambienterai a Copenaghen, tutto qua. Io la forzatura la vedo non nel colore o nei gusti sessuali, ma nel contesto/contorno. Dimmi tu che ci fa UNA donna nera a Numenor. E l’elfo nero da dove arriva? O li fai tutti neri, o gialli o bianchi.

      Quanto alle preferenze sessuali, di nuovo non c’è problema. Ma perché anche nei gruppi di 3 persone uno deve essere PER FORZA gay? Su Netflix e le altre piattaforme siamo al “per forza”, come le quote-rosa e le quote-latte: non si scappa. Ci vedi naturalità, in questo?

      Il terzo punto sono le eroine. Da un lato sfidano ogni legge fisiologica, dove John Wayne almeno aveva il fisico per stendere tutti gli altri. Dall’altro, questa “virilità femminile” per affermarsi ha bisogno di maschi necessariamente minchioni, proprio perché a parità di fattori (cioè nel mondo vero) lei non avrebbe una possibilità che è una.

      In sintesi, quello che vedo è che per dare chance ai nuovi eroi si affossano tutti gli altri, creando contesti ben più implausibili del texano dagli occhi di ghiaccio. Mentre prima a essere non credibile era solo l’eroe, ora lo sono tutti quelli che lo circondano. È una questione di proporzioni nella sospensione dell’incredulità.

      E credo che dietro a ciò ci sia altro, a livello ideologico. Come del resto dice Bret Easton Ellis in “Bianco”.

SU DI ME

Sono Edoardo, nato a Trieste nel 1959. Lì ho ancora una casa e ci torno quando mi va, ma da molti anni vivo a Roma. A Roma sono nati i miei figli, e tanto basterebbe a giustificare sia la mia esistenza che la permanenza nella capitale. Continua...

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