I segreti del Wing Chun

I

Stacchetto (Antefatto).

A 19 anni cercavo una palestra di arti marziali. Capitai anche in un posto dove si faceva kung fu (non so quale). Dopo circa un’ora in cui io e altri 2-3 visitatori ce ne stavamo seduti a guardare la lezione, l’istruttore – con tono cortese – ci chiese di uscire, perché lui e i suoi allievi dovevano provare i “colpi segreti” (sic!). Chiaro che poi scelsi altro: shotokan.

Nel WX Ewto, ti dicono che tutto quello che hai allenato lo capirai meglio /solo quando avrai fatto la terza forma (bju-gee). Arrivi alla terza forma, ma tutto sembra come prima. Allora ti dicono che la tua visione si modificherà sostanzialmente quando avrai fatto l’uomo di legno. Fai l’uomo di legno, ma l’illuminazione che colpì John Belushi in Blues Brothers (“Fratelli! Egli ha visto la luce!”) ti rimane ancora estranea. Ovvio, ti dicono gli insegnanti: perché ancora non hai fatto le armi (in special modo, il catalizzatore esperienziale sembra sia il bastone lungo). In Ewto, se non hai “finito il sistema” e anche se magari hai 20 anni di WX alle spalle, non puoi aspirare a capire il vero WX. Così una delle domande che i disorientati newbiers pongono ansiosamente sui vari istruttori è: “Ma sifu Tizio ha finito il sistema? Noo? Allora che ci vado a fare da lui?”.

C’è tutta una mitologia – dettata quasi integralmente dall’ignoranza, e per il restante dal disperato bisogno psicologico di certezze e punti fermi – secondo la quale il WX ha dei “punti di svolta” a segnare il cammino e che di conseguenza determinano l’abilità e l’efficacia del praticante. Chi ci crede – moltissimi – nutre la certezza che questi punti donino automaticamente la Conoscenza e la Maestrìa. Automaticamente, in quanto elementi di catalizzazione di tutto quanto allenato sino a quel momento.

L’automaticità dell’illuminazione è anche un ottimo alibi contro l’impegno personale. Quelli che si cimentano veramente in un campo qualsiasi (pallavolo, chitarra, meccanica quantistica…) sanno benissimo che i risultati sono una funzione logaritmica (quando va bene) dell’impegno profuso. I fedeli dell’illuminazione catalitica invece sperano che, raggiunta con sforzo lineare e magari blando una certa massa critica di esperienza, improvvisamente si apriranno i cieli e uno squillo di trombe annuncerà loro la raggiunta maestrìa (sia pur parziale, in attesa della successiva).

Tutto ciò è molto esoterico, affascinante, ridicolo.

Il WX che pratico io non ha segreti. Si basa su pochi princìpi, che vengono tutti illustrati alla prima lezione. Non c’è alcun asso nella manica, niente di nascosto agli occhi dei profani, nessuna mossa segreta che il Grande Capo tiene celata come un tesoro da rivelare solo agli allievi prediletti. E non ci sono “scatti di anzianità” miracolosi. Progredisce chi capisce prima come applicare i princìpi e si sforza di essere coerente con essi. Chi automatizza non le tecniche bensì i propri processi mentali.

Tutto questo richiede tempo, costanza, applicazione e soprattutto voglia e passione. È adatto a chi ama la ricerca in sé e del tutto inadatto a chi invece vorrebbe gli venisse scodellata la minestra pronta.

3 comments

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  • caro Edoardo, (finalmente trovo un discorso giusto sul W)il wingchun è in primis una parte del kung fu ed un Arte marziale. Per diventare bravi in questo stile bisogna solo metterci impegno, volerlo e poi le capacità personali faranno il resto. E’ come dire che uno vuole diventare pittore per forza e si esercita ore ed ore…tutti sono pittori, ma la dote solo alcuni la hano. Comunque, se partissimo tutti dalla stessa linea di partenza, ti dico che anche a livello di “dna” qualcuno diventerà capo o dipendente o persona di successo o no…. (come vedi nelle grandi organizzazioni di W).
    Dopo anni ed anni di pratica assidua (17) (non solo nelle regole delle scuole) ma una nuda e cruda ricerca della lotta e dei limiti e regole di essa…ho cercato e trovato un Maestro Cinese (Nino Bernardo nome Italiano ma cinesissimo nato ad hong kong) che mi ha aperto la visione del Wing Chun Cinese (non rimescolato e riprogrammato da scienziati tedeschi e menti italiane). Da Nino Bernardo ho riniziato, dai pugni a catena e solo da quelli si è sviluppato un nuovo W in me…ed ora dopo 21 anni di pratica (dopo aver assaggiato thai boxe birmana ed mma ed aver incontrato tanti maestri di aikido, karate etc etc) continuo il mio W. Il segreto del W (wing chun) è amarlo e farsi guidare e trasportare da lui… farsi trasportare dal bastone lungo e dall’uomo di legno…e ritornare ai pugni a catena che si formeranno come una danza ed una lotta in te. Il W è come uno specchio e quando sarai davanti ai compagni\avversari, guarda chi sei attraverso lo specchio.(loro) Ho fatto stage con
    Leung Ting;Emin;Dingheldain;Kenperkt;Cuciuffo;Regalzi;ed in fine Nino Bernardo. Non è che ad un certo punto devi dimenticarti del tuo passato quando hai incontrato o trovato quello che trovi, ma il passato è sempre li ed il cervello dal quale si ramifica il corpo con le nuove esperienze va avanti. Mi alleno parecchie volte alla settimana per 3\4 ore alla volta, con allievi, amici, ma più che altro all’uomo di legno e al palo lungo…e ti dico che è una spesa di tempo e di energie incredibile. Non ho un organizzazione, non do gradi ne diplomi…ma cerco in modo vivo ed automatico di formare amanti del W…qualcuno resta altri vanno, l’importante è che ad ogni allievo “regalo” la realtà che ho trovato in moltissimi anni diricerca. (senza creare sogni o cose fantastiche e montature di piramidi graduate o scalini irraggiungibili). Ho buttato giu tutti i muscoli creati con pesi ed esercizi di potenziamento ed ho creato solo un corpo con muscoli dati da ore di sparring e bastone lungo e uomo di legno….cancellando rabbia e voglia di uccidere che ti montano in altri posti. Serve lealtà e voglia di fare e di ricercare…. ma penso che alcuni c’è la possano fare. W il Wing CHun Kung FU!!!!!! un saluto Nicola

  • Sono stato iniziato al karate (è?)dal 76. L’ho praticato in almeno tre stili diversi. Non ho particolari abilità, in un grafico lineare, da brocco a campione, credo di potermi collocare a metà, magari lievemente dislocato a destra.
    La progressione ha avuto tre fasi distinte: la prima è stata quella giovanile, istintiva, basata sostanzialmente sul vigore di adolescente e su medie capacità attitudinali (DNA); poi, esperite del tutto queste ultime ho fatto un altro piccolo passo con l’allenamento bruto.
    Da un po’ di anni a questa parte, persa un po’ di fisicità, ho discrete soddisfazioni esaminando la posizione del corpo nello spazio e le relazioni tra le sue varie parti. In pratica il mio massimo impegno è rivolto alla propriocezione e, per contro, all’analisi del movimento come se fossi uno spettatore esterno e mi vedessi “da fuori”, al rallentatore.
    Credo di esserci arrivato da solo o forse mi ha aiutato il mio maestro di pesca a mosca, un attempato signore che io non ho mai avuto il piacere di vedere pescare (solo lezioni indoor, in palazzetto) ma che suppongo fosse la versione polesana di un maestro zen.

  • Penso che chi pratica una qualunque arte marziale per un tempo sufficientemente lungo da fargli superare “l’entusiasmo giovanile” prima o poi giunga a una fase di studio della propriocezione.
    A ciò contribuiscono due fattori distinti: uno è l’avanzare dell’età, che modifica gli obiettivi personali. Un osservatore giovane può parlare di rinuncia forzata, ma anche tenendo conto degli aumentati vincoli fisici sappiamo che non è così. In realtà credo subentri una diversa percezione di sé (che ovviamente deve tener conto dei vincoli, questo sì), che tende a una visione più matura del corpo nello spazio, del movimento, dell’equilibrio dinamico. È proprio questo che permette di accostare alcuni aspetti del karate e, per esempio, della pesca a mosca.
    L’altro fattore concorrente è l’istintiva ricerca di significato di movimenti ripetuti oramai migliaia di volte: questi sono ormai entrati a far parte della nostra naturalità (almeno in alcuni contesti/circostanze), se non altro per le connessioni sinaptiche che negli anni hanno consolidato. Il riconoscimento di tali movimenti come “nostri” produce l’effetto che hai ben individuato: l’osservazione esterna, in terza persona, di noi che ci stiamo muovendo. L’istintività della tecnica ci permette cioè di avere il tempo di osservarci, perchè il gesto “va da solo”, liberando risorse cerebrali per l’osservazione. Naturalmente – credo concorderai anche tu – ciò non significa che il gesto tecnico non sia ancora migliorabile, anzi. Ma lo puoi migliorare dall’esterno, come guardando un filmato di un corpo che si muove anche da solo.

    Il karate che ho praticato io per dieci anni (Formenton, Bolaffio, poi un tizio di Roma; sempre e solo shotokan), o forse perché l’ho praticato in età “quasi giovanile”, non ha mai posto esplicito accento sulla propriocezione, di cui invece l’attuale Wing Chun di Luigi Rossi fa im metodo principale di allenamento (benché Gigi, di suo, picchi come un fabbro). La gestione consapevole e costantemente monitorata del corpo è conditio sine qua non, curata in maniera maniacale (si può tranquillamente dire paranoica: ma è l’unica possibile).
    Recentemente ho trovato molte analogie metodologiche (non stilistiche) con quanto pratica un amico di Milano (lottatore alquanto cazzuto) col suo Body Concept e con la ginnastica Feldenkras, alla quale mi sono ultimamente avvicinato per scopi fisioterapici.

SU DI ME

Sono Edoardo, nato a Trieste nel 1959. Lì ho ancora una casa e ci torno quando mi va, ma da molti anni vivo a Roma. A Roma sono nati i miei figli, e tanto basterebbe a giustificare sia la mia esistenza che la permanenza nella capitale. Continua...

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