Tiberio del Mistro

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Non so se Tibi fosse un grande prof di ginnastica. Forse, probabilmente no. Di suo era stato un canoista abbastanza forte, come però ce ne sono tanti. Tra le sue molte attività c’era quella di prof di ginnastica, e dio volle che planasse sul Dante, il che indubbiamente era un segno di prestigio. Noi ce lo trovammo in prima liceo, dopo un ginnasio con un robusto vecchietto (mi pare si chiamasse Bonetta) che con tutta evidenza apparteneva alla vecchia guardia.

Tibi aveva la metà degli anni del primo, ed era bello. Persino noi maschi ce ne accorgevamo, decenni prima che il dichiararlo fosse socialmente consentito, tanto agli etero che ai gay. Quindi non ce lo siamo mai detto, ma era evidente come il sole. Paradossalmente – ma in realtà in maniera spiegabilissima – le doti fisiche di Tibi potevano essere pubblicamente decantate principalmente dalle nostre compagne di classe, che in merito non si lasciarono pregare. Non metterò alcune di esse in imbarazzo, riportando i loro commenti di allora, ma certo è che si sbizzarrirono senza problemi, arrivando anche ad avanzare interessate ipotesi su “come fosse messo sotto”.

Ma non sono qui per ribadire l’ovvio, anche se posso dire solo ovvietà. Tra queste, voglio ricordare come cambiò l’atmosfera delle ore di ginnastica, per tutti e tre gli anni del liceo. Dietro ai baffi alla Tom Selleck, l’espressione sveglia e muscoli non indifferenti, Tibi era un amico. Il primo mese tentò di fare la faccia feroce, di impressionarci per tenerci al nostro posto, ma durò pochissimo. Riuscì invece nel difficile compito di rimanere sempre rispettato, pur dandocele praticamente tutte vinte.

Sotto di lui e grazie a lui la vocazione pallavolistica della scuola divenne una connotazione a livello regionale. Non perché di pallavolo capisse niente, ma perché sapeva far stare insieme i Giacca, gli Antonelli, i Tommasini che ne capivano. Fu lui a far diventare i due campionati di pallavolo (ginnasio e liceo) degli eventi, tanto che la palestra grande del Dante era palesemente inadatta a contenerli. Mi ricordo che ci chiamava per cognome, non per mancanza di sintonia ma per una forma all’epoca molto in uso di rispetto dei ruoli. Naturalmente però ci dava del tu.

Avendo avuto l’indebita fortuna di essere incluso nella squadra di pallavolo della scuola, ricordo Tibi nelle situazioni più tese: nella finale cittadina, in quella regionale, nell’avventura interregionale. Non essendo un tecnico, sapeva infondere tranquillità. Era un ottimo compagno di viaggio: sapeva cos’hanno in testa i 18enni e sapeva quando lasciar correre e quando invece dare lo stop.

Finito il liceo, tutti lo potevamo incontrare per città o nel suo negozio in Cavana. In quelle occasioni, nel suo sorriso si leggeva il piacere autentico di scambiare quattro chiacchiere. La sua cortesia non era mai finta o di circostanza.

Ora che Tibi è partito per ignota destinazione, ne sentiamo inaspettatamente la mancanza, che non è quella di momenti speciali, bensì quella di chi – per la prima volta – se si volta verso la panchina non trova più Tom Selleck che lo incoraggia come può e come sa, cioè nel miglior modo possibile.

Tibi, ti abbiamo voluto bene in molti. Buon viaggio. Prima o poi ci si rivede.

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SU DI ME

Sono Edoardo, nato a Trieste nel 1959. Lì ho ancora una casa e ci torno quando mi va, ma da molti anni vivo a Roma. A Roma sono nati i miei figli, e tanto basterebbe a giustificare sia la mia esistenza che la permanenza nella capitale. Continua...

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