Sparacchiamenti

S

Chi amava le armi era mio fratello, non io.
Coerentemente, a suo tempo lui ha fatto l’obiettore di coscienza, credo tenendo il depliant della Tokarev TT in tasca. Più o meno nello stesso periodo, io sparavo con la Beretta 70, il fucile Garand, il fucile FAL, l’obice FH-70, la bomba a mano SRCM, la mitraglietta Beretta M12, la Beretta 92 SB, la mitragliatrice MG 42/59, il moschetto M91. Casi della vita.
Per qualche ragione sparavo bene. Al corso ero stato inquadrato tra i tiratori scelti del mio gruppo di artiglieria e poi, in poligono, i colleghi di accademia ridevano verde, con questo ufficialino di complemento che dava loro le piste. Mano ferma, sguardo di ghiaccio? Boh, e chissenefrega.
Dopo circa 30 anni dall’ultimo bang, mi sono dotato di una Air Arms S400 Classic, di libera vendita, vale a dire “a limitate capacità offensive”. Vorrei parlare con chi ha scritto la legge, visto che a 30 metri buca le lattine di birra, davanti e dietro.
Perché?
Mi piace il tiro di precisione, quello che tecnicamente si definisce “meditato”, che porta a colpire una moneta da 2 centesimi a 50 metri. Entrando da profano nel mondo dell’aria compressa, ho scoperto cose nuove e ritrovato altre vecchie. Le vecchie sono lo spirito dei forum. Oggi, qualunque cosa ti compri, dall’elefante da passeggio alla bambola gonfiabile per uso personale, c’è un forum di appassionati a riguardo. Spesso più di uno. Nei forum gira gente strana. Quasi tutti trattano l’oggetto cui il forum è intitolato come fosse un loro parente prossimo. Si sprecano i “il mio bambino”, “la mia creaturina”. Feticismi. Poi ci trovi gli autentici esperti di. Quello che sa tutto sulle canne, il mago degli otturatori, il guru delle viti.
Una carabina ad aria compressa è un oggetto utile, indipendentemente dal fatto che ci si spari. Basta che te lo studi. È uno spaccato del mondo, della tecnologia, dell’eterna lotta tra l’universale (la Fisica) e l’umano (l’Ingegneria). Una carabina è un caso semplice di meravigliosa inventiva umana, che tenta di sfruttare da un lato e uniformarsi dall’altro a leggi ineludibili.
I campi della Fisica che interessano a diverso titolo il funzionamento e lo sparo di una carabina ad aria compressa sono la Dinamica (in particolare la Balistica), la Fluidodinamica (per le pressioni del serbatoio dell’aria) e l’Ottica. Su ciò si innestano le soluzioni trovate dall’Ingegneria, che comprendono anche un po’ di Studio dei Materiali.
Lontani i tempi in cui all’università tra fisici e ingegneri ci si disprezzava cordialmente, non cesso di stupirmi ogni volta che scopro cosa sanno inventarsi questi ultimi. L’ingegneria è un’arte sopraffina e consapevolmente approssimativa: i suoi officianti vivono nel mondo dell’imprecisione, del “circa, quasi” e in esso riescono a far funzionare le cose. I materiali si deformano, le simmetrie non esistono, la perfetta perpendicolarità è un concetto matematico e basta. Tutto è approssimazione, e gli ingegneri lo sanno ma non si arrendono. La cosa davvero sorprendente è che riescono a ottenere i loro obiettivi calibrando oggetti semplici come molle, guarnizioni di tenuta, valvole, viti, giunti. Il meccanismo di sparo della mia particolare carabina ha 4 diversi giunti, diversamente sagomati, dal grilletto alla molla. Servono tutti, se si vuole poter calibrare la pressione sul grilletto e la lunghezza della sua corsa. Tutto poi si sporca, si guasta, dev’essere manutenuto. E allora c’è tutta una teoria di grassi, olii, patine, paste, colle.
Credevo che l’aria compressa fosse un getto che spinge “da dietro” il pallino, come una schicchera. Neanche per idea. C’è invece una camera di espansione di cui la culatta del pallino è l’unica parete mobile, per cui è abbastanza indifferente la direzione da cui arriva l’aria, col che si evitano eventuali problemi di allineamento. Tentativi, studi, esperienza.
Se poi vuoi, alla fine puoi anche sparare. Qui si apre un altro scenario infinito: sparare come? C’è il bench-rest, attività consigliata ai vecchietti senza fiato e col culo pesante. Ti procuri un tavolo bello solido, se pesa una tonnellata è meglio. Lo metti in bolla, con precisione non inferiore ai banchi di lavoro per le testate nucleari. Ti procuri un rest, cioè un supporto per la carabina. Ora, se una buona carabina costa da 700 a 2.500 euro, un buon rest ne costa 900. Ti procuri un’ottica adatta (da 250 a 2.000 euro), scegli i pallini e sei pronto. A cosa? A star seduto come buddah, a far calcoli dalla mattina alla sera. Lo sparo è un inciso, un sovrappiù. Presto inventeranno armi che sparano da sole, così l’errore della pressione del dito sul grilletto verrà superato. Il “bello” del bench-rest è la balistica, considerate le condizioni ambientali. Vai in giro con 20 pagine di tabelle, per ogni tipo di pallino e di condizione atmosferica. È come nell’aggiustamento di esattezza dell’Artiglieria, e ti sarebbe utile una ricognizione aerea (aggiornata) e un satellite meteo a supporto. Quelli del bench-rest infilano 5 colpi su 5 nel centro del bersaglio, come Robin Hood.
Una decisa alternativa è il field-target. Si tratta di un percorso di caccia simulato: a ogni piazzola devi sparare a sagome fisse, poste a distanze diverse. Il bello è che la distanza non te la dicono, non puoi usare il telemetro, e te la devi calcolare con la ruota del parallasse della tua ottica. Il brutto è che ti dicono anche come devi sparare: in piedi, seduto, in ginocchio, disteso. Non sono ammessi rest né appoggi di alcun tipo. È una versione simil-cruenta del golf, adatta a cacciatori mancati.
Per chi non la prende troppo sul serio, c’è il plinking, altresì umoristicamente detto barattoling. Come nei western, piazzi un po’ di bottiglie o lattine a una certa distanza, e cerchi di abbatterle/bucarle.
Ma – credo – il sogno di tutti è il pest snipering, peccato che in Italia sia contro la legge. Mentre in altri Paesi per ammazzare piccioni e topi ti pagano pure, da noi è vietato. Sul Tubo è pieno di filmati inglesi, americani e australiani in cui l’aria compressa fa strage di colombi e ratti di chiavica. In Italia ti puoi consolare solo con le simulazioni di guerra delle soft-arms, quelle con al massimo un joule di potenza in volata d’arma. In questo caso, sei autorizzato a sparacchiare su altri esseri umani opportunamente imbottiti.
È un mondo variegato, popolato di gente che ci crede e in genere si veste come i fanti di Desert Storm. Tutto molto pittoresco, speriamo non prendano sul serio anche sé stessi. Io ho preso accordi con mio cugino, che ha un bel capannone fuori Roma e che si è dimostrato entusiasta all’idea di sparacchiare con me. Gli altri potenziali membri dell’improvvisato poligono sono la mia fidanzata (che però preferirebbe una più maneggevole pistola), il figlio di mio cugino e i miei due nanetti. La nanetta si è detta anch’ella entusiasta, il nanetto mi ha detto: “Papà, è un altro sintomo della tua crisi di mezza età?”.
Lo convertirò, lo so.

3 comments

Rispondi a edoardo burlini Cancel reply

  • Senti che storia:
    è il 1986 e per scappare da uno schifosissimo quanto inutile “campo” del 5° corpo d’armata, mi spaccio, con inusuale faccia tosta, per un quasi (terzo all’ultimo campionato dico all’ammirato capitano) campione italiano di carabina. Se mi avessero chiesto di quale calibro sarei stato immediatamente smascherato. I tiratori erano richiesti per i campionati italiani militari.
    Le mie uniche esperienze nel tiro, fino ad allora, erano rappresentate da qualche colpo con i fucilini Diana.
    Insomma avevo calcolato che tra andata, selezione e (sicuro) ritorno mi sarei risparmiato almeno una delle due settimane previste in mezzo al fango e al gelo di febbraio, unico riparo i teli tenda.
    Insomma arrivo al poligono di Vittorio Venteto in mezzo a gente che sparava sul serio, mi danno una carabina 22 con sistema diottra e comincio a tirare sul bersaglio a 50 m.
    Faccio fuori tutti i “professionisti” ed entro in squadra.
    Una pacchia, più di un mese a non fare niente, vicino a casa, week end liberi, tutte le mattine al poligono per gli allenamenti, zero servizi, coccolato.
    Ma non è finita perchè uno degli elementi della squadra di pistola non passa le visite mediche a causa di una perforazione timpanica e ormai non c’è più tempo per una nuova selezione.
    Allora testano i quattro della carabina e indovina: faccio una rosata che Mel Gibson in arma letale se la sogna.
    Mi chiedo sempre perchè riesca così bene in attività letali nonostante sia inorridito dalla violenza.

  • … tra l’alro, sparare con la diottra a 50 m non è affatto banale. Probabilmente, gli altri erano stressati per paura di far male, mentre tu eri già soddisfatto di dov’eri. Prima di centrare il bersaglio, bisogna centrare sé stessi.

SU DI ME

Sono Edoardo, nato a Trieste nel 1959. Lì ho ancora una casa e ci torno quando mi va, ma da molti anni vivo a Roma. A Roma sono nati i miei figli, e tanto basterebbe a giustificare sia la mia esistenza che la permanenza nella capitale. Continua...

PUOI TROVARMI ANCHE QUI