Nota finale a L’Altalena

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Nota finale

Nel racconto ho messo un bel po’ di cose che mi stanno a cuore, e altre delle quali serbo un piacevole ricordo.

La cornice russo-asiatica non è casuale: per me niente è più affascinante della Russia o – meglio ancora – dell’ex URSS. Non si tratta di un sub-continente, ma di un intero mondo. Se volete, di un vero e proprio “spazio duale”.

Nei miei (pochi) viaggi in Russia e in Asia centrale ho conosciuto persone interessanti. Nel racconto ho usato i loro nomi.

Sergei Gennadovich Burundukov è un mio amico di Togliatti(grad), del quale ho preso in prestito il nome di battesimo e il patronimico.

Akundjanov è un cognome usbeko (non tagiko, come preteso nel racconto): Sukrat Akundjanov era l’ospitale ed efficiente direttore di un business center di Tashkent, che ho visitato per lavoro nel 1995. Scrivendo del geniale fisico, avevo sempre davanti la faccia del vero Akundjanov, che mi ha aiutato non poco a tracciare il carattere del personaggio.

Anatoli Kvitko è veramente un omone, come nel racconto. Ex colonnello dell’Armata Rossa, è stato mio collega a Mosca in un progetto comunitario per ex ufficiali russi (sì, quel particolare è autentico). Il fatto che all’inizio mi fosse molto antipatico ha solo reso più difficile il nostro saluto di addio, dopo che l’avevo scoperto nella sua vera natura (sentimentale e collaborativa) di autentico russo.

Ahmanov è il cognome di un mio collaboratore usbeko in un altro progetto, targato Banca Mondiale. Il vero Ahmanov vive a Urgench, nel Korezm, una regione amministrativa dell’Usbekistan occidentale. E’ completamente diverso dal personaggio, ma – mi dispiace per lui – avevo bisogno di qualcuno su cui sfogare le mie frustrazioni davanti all’Altalena.

Dino esiste veramente, nei termini esatti in cui l’ho descritto. Anche la storia del dente rotto è assolutamente vera. Di Dino e del suo carattere penso quello che ho scritto, parola per parola.

Larson è una pura invenzione, l’Università di Wolverhampton e la sua specializzazione in tematiche dell’Asia centrale no. Ho avuto occasione di fare una ricerca su temi sociali sotto l’egida del Programma UE INTAS, con fondi gestiti da quella Università. Ho effettivamente un’amica che è stata ricercatrice lì.

Il giornalista-galletto l’ho incontrato davvero e nel modo descritto, ad una festa; solo che non parlava di altalene. Che il suo tono mellifluo avesse il potere di scaldare le bibite è stato scientificamente provato.

La figura dell’angelo dagli occhi neri è un omaggio ad una ragazzina incontrata in Thailandia, in una baraccopoli sulle rive di un putrido laghetto. Non fatevi venire pensieri idioti in testa: non è proprio il caso. Ero lì per fare foto, lei è uscita dalla sua capanna per guardare noi. Quando siamo andati via mi ha fatto “ciao” con la mano. Tutto qui. Non me la dimenticherò finché vivo.

I riferimenti geografici sono piuttosto precisi: basta prendere un atlante per rendersene conto.

Nel Barsuki non sono mai stato, ma mi piacerebbe….Chissà che non ci trovi davvero un’altalena.

Tutto quanto detto sul lago d’Aral e sull’isola di Vozrozhdenie è vero (purtroppo).

Anche il Bajkal è proprio come descritto: lì dentro c’è un quinto delle riserve mondiali d’acqua potabile.

L’idea del racconto in forma di quest (ricerca) dipende quasi completamente dall’aver letto La corazzata Tod, di Dino Buzzati, che è il mio riferimento metodologico assoluto. Segue, a non molta distanza, Il richiamo di Chtulu di Lovecraft. Mi fa quasi ridere dare io dei giudizi su questi due racconti, ma tant’è: sono due assoluti capolavori.

Poi c’è la Fisica. Sono un fisico mancato (pigrizia), ma verso la materia conservo un’attitudine facilmente riassumibile in una sola parola: amore. Non potevo non scrivere un racconto basato sulle leggi fisiche e sui loro paradossi. Non ho idea di cosa possa essere un’equazione differenziale del V ordine nel campo complesso, né se possa in qualche modo essere messa in relazione con i pendoli (francamente credo di no); invece sugli spazi duali sono più ferrato, avendo fatto l’esame di Geometria I.

Altre ispirazioni. Circa la violazione dei primi due principi della termodinamica, ho preso spunto da un racconto letto a metà degli anni ’70 su Urania, di cui non ricordo né il titolo né l’autore, dove si descriveva un pallone da basket che, una volta lasciato cadere, rimbalzava sempre di più. Per giustificare il suo comportamento, nel racconto il pallone si raffreddava progressivamente (violando così solo il secondo principio). La mia altalena non ha bisogno di raffreddarsi, perché all’equilibrio energetico provvede lo spazio duale.

E veniamo all’ultimo “prestito”, quello degli scambi energetici. Quello velatamente descritto da me si ispira all’idea di Asimov nel suo Neanche gli Dei: uno dei miei romanzi fs preferiti.

Probabilmente non sono il solo ad aver introdotto un’altalena piuttosto speciale in un racconto. Tuttavia, a ogni accusa di mancata originalità posso serenamente rispondere: “Ah, sì? Non lo sapevo”. Sapete ormai come la penso: più altalene ci sono in giro, più sono contento.

Il Wat Suthat lo trovate su internet o direttamente a Bangkok: verificate come preferite.

Le altalene in Piazzale Rosmini non ci sono più. Ma c’erano: cavolo, se c’erano! E c’era pure Pierpaolo; che è volato così in alto, ma così in alto, che ancora non ci credo…

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2 comments

Rispondi a Maurizio Cancel reply

  • Strepitoso.
    Non avevo dubbi che avessi letto e amato Neanche gli Dei.
    Mi auguro che nel cassetto tu abbia qualche cos’altro da proporci.
    Se così non è, vedi di sbrigarti.

    p.s.:Il finale, ma solo per quanto riguarda la sorpresa del salto spazio-temporale, ricorda (solo) vagamente “la notte del drive in” di Lansdale, che ho letto, senza grandi entusiasmi, una ventina di anni fa, una sorta di remake de L’angelo Sterminatore di Bunuel.

SU DI ME

Sono Edoardo, nato a Trieste nel 1959. Lì ho ancora una casa e ci torno quando mi va, ma da molti anni vivo a Roma. A Roma sono nati i miei figli, e tanto basterebbe a giustificare sia la mia esistenza che la permanenza nella capitale. Continua...

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