Lo Hobbit

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Ho letto Lo Hobbit quando avevo 15 o 16 anni. Mi vergognavo un po’, perché parlava di nani e forse fatine azzurre, draghi e maghimerlini. Il fantasy non era ancora di moda e farmi vedere in giro con quella roba mi imbarazzava un po’. Finito il libro, lo classificai proprio come roba di nani e fatine e lo misi serenamente da parte. Era un libretto forse Einaudi forse Adelphi o forse altro, delle dimensioni (mentali, mie) del Piccolo Principe.

Ora Peter Jackson ha fatto uscire la seconda puntata di tre dello Hobbit, dopo il grande successo del Signore degli Anelli – anche qui tre film.
Qualcosa non mi torna o mi torna anche troppo bene. Lo Hobbit ha 342 pagine (a me sembravano moltissime di meno, ma crediamoci), il Signore degli Anelli 1275. Come dire: se col SdA in tre film poteva andarci stretto, con lo Hobbit ci va larghissimo. E allora perché tre film? Indovinate.
La prima puntata l’ho vista al cinema, abbastanza volentieri, per accompagnare non mi ricordo se mio figlio o mia figlia. La seconda puntata me la so’ sgarigata, perché subodoravo la sòla (fregatura, per i non romani). La terza puntata non la vedrò al cinema neanche se il biglietto me lo pagano loro.

La recensione viene automatica dalle premesse: dù palle! Non che il film sia fatto male, ma è ovviamente di una lentezza esasperante, perché devono allungare il brodo. Jackson era quello il cui maggior pregio era la fedeltà al SdA. Bene, con lo Hobbit ha creato di suo, inventandosi sottotrame inesistenti per far passare le due ore e mezzo senza dover far contare a Bilbo i fili d’erba di ogni prato in cui cammina.
Poi c’è ‘sto drago Smaug che sembra uscito dalla Pimpa o dai Barbapapà. Il drago cattivissimo che parla come Christian de Sica e si mette a filosofeggiare con Bilbo, prima di ricordarsi cosa fanno i draghi cattivissimi. La Disney l’avrebbe bocciato per eccesso di infantilismo.
L’unica nota positiva è Evangelina Lilly nella parte di Tauriel (elfo, o si dice elfa?), anch’essa inventata di sana pianta da un Jackson senza alternative, ma che perlomeno è una sanissima bistecca (canadese) che riempie lo schermo quasi quanto la “resident evil” Milla Jovovic dei bei tempi.
Per il resto: un film indifendibile per trama, durata, noia indotta.

2 comments

  • Detesto i film “in costume”, i peplum (il plurale fallo tu, il mio latino è deceduto), quelli “storici” . Per analogia rifuggo dai romanzi pari oggetto. Ricordo che venni a conoscenza di Lo Hobbit quando una cugina acquisita aprì un bel negozio di articoli da regalo e lo denominò Bilbo Baggins. Quando chiesi ragione del battesimo lei mi mise in mano il tomo che mai avrei letto, atterrito dal volume (fisico), oltre che totalmente disinteressato all’argomento. Solo qualche anno fa ho scoperto che Lo Hobbit NON indica nome e cognome o, burocratese mente, viceversa!

  • Secondo me, il terzo film lo andrai a vedere. Non tanto per passione o curiosità, ma per …hobbi(t)… ahahaha che cazzata!!!

SU DI ME

SONO EDOARDO, NATO A TRIESTE NEL 1959. Lì ho ancora una casa e ci torno quando mi va, ma da molti anni vivo a Roma. A Roma sono nati i miei figli, e tanto basterebbe a giustificare sia la mia esistenza che la permanenza nella capitale.

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