Ingegneria (quel che è giusto è giusto)

I

Mille anni fa ho sparato con la Machine Gewehr-42/59, che sarebbe la mitragliatrice leggera da campo tedesca della II guerra mondiale (tuttora in forza all’esercito italiano o – meglio – ai Carabinieri). Ci ho sparato sia col bipiede che col treppiede (fa molta differenza, ma non sottilizziamo). Mi è quindi capitato tra le mani uno degli oggetti più interessanti dell’ingegneria meccanica del XX secolo, cioè il suo otturatore.

Ingegneria deriva da “ingegno” e raramente ho trovato un esempio più calzante.

L’otturatore dell’MG-42/59 è un bel pezzo d’acciaio lungo circa 20 cm e pesante circa un kilo e mezzo. Si tratta di un otturatore mobile, cioè non solidale con la camera di scoppio e/o la canna. Corre su un binario che va dal calcio dell’arma fino alla canna. Chi lo fa correre è una semplice molla (bella grossa). Il grilletto non fa altro che sbloccare l’otturatore che comprimeva la molla; questa lo spinge in avanti, verso la canna. Sulla testa dell’otturatore ci sono due rotelline, che si insinuano in opportuni pertugi del culo della canna. La prima cosa notevole è questo meccanismo di inserimento delle rotelline, che serve a rendere temporaneamente solidale l’otturatore con la canna: dura una frazione minima di secondo, il tempo della detonazione, perché poi i gas prodotti da questa si espandono all’indietro, in due piccolissime canalette, e spingono di nuovo le rotelline al posto originario, sganciando l’otturatore dalla canna. Notevolissima la calibrazione dei tempi e della forza dei gas necessaria a rimuovere le rotelline, prima che il “grosso” dei gas rispedisca l’otturatore a ricomprimere la molla. Immaginatevi che succederebbe se le rotelline non venissero sbloccate in tempo: il sistema canna-otturatore si bloccherebbe dopo il primo colpo, sfasciando l’MG.

Non basta. L’otturatore è a percussore mobile. Questo è un piccolo ago di acciaio, libero di scorrere all’interno della testa dell’otturatore, e pesa pochi grammi. Chi gli dà la forza di picchiare sul culo del bossolo, e quindi di innescare la deflagrazione che poi darà luogo alla detonazione, è semplicemente la sua inerzia. Infatti il percussore viaggia alla velocità imposta all’otturatore dalla molla, ma quando quello si blocca (rotelline) sulla canna, il percussore riceve una violenta accelerazione in avanti, per conservare il suo momento lineare. Ed è in base a questa accelerazione che assume velocità sufficiente a far deflagrare la carica del culo del bossolo. Una straordinaria applicazione del teorema dell’impulso (fate conto che se con un martello vi mettete a battere un chiodo poggiato sulla carica deflagrante del bossolo, non succede niente).

Tutto ciò è fantastico di per sé, ma lo diventa molto di più tenendo presente che, con questo sistema puramente meccanico, l’MG-42/59 spara circa 800 colpi al minuto – cioé 13 al secondo – e non si inceppa mai. Prima delle modifiche del 1959, ne sparava 1500 (23 al secondo), ma si avevano problemi di surriscaldamento della canna, che rischiava di deformarsi.

Indipendentemente da ogni giudizio morale sull’impiego delle mitragliatrici, davanti a quest’opera di ingegno mi levo il cappello. C’è solo una cosa che mi sbalordisce di più: la geometria del nucleo detonante di una bomba all’idrogeno.

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SU DI ME

Sono Edoardo, nato a Trieste nel 1959. Lì ho ancora una casa e ci torno quando mi va, ma da molti anni vivo a Roma. A Roma sono nati i miei figli, e tanto basterebbe a giustificare sia la mia esistenza che la permanenza nella capitale. Continua...

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