Il Ritmo Assoluto

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[vc_row css_animation=”” row_type=”row” use_row_as_full_screen_section=”no” type=”full_width” angled_section=”no” text_align=”left” background_image_as_pattern=”without_pattern”][vc_column][vc_column_text]Molti anni fa, si diceva di un mio amico che quando gli piaceva una canzone diventasse insopportabile averlo vicino, perché la ascoltava anche 30 volte di seguito. Mi ricordo di una Scottish March o qualcosa del genere: effettivamente, alla quinta volta gli chiesi di smettere, ma lui impeterrito continuò a “riproporla”.

Da piccolo avevo letto una storia a fumetti (mi pare fosse su Tiramolla) che si chiamava “Il ritmo di Barabba”. C’era un tizio che cercava un ritmo assoluto e alla fine trovava una cosa tipo il geghegè (“…e questo riff / geghegeghegeghegè / che fa così / geghegeghegeghegè…”) che diventava un successo internazionale (in realtà, la canzone del fumetto faceva: “Il ritmo di / Barabba-ba / ti prende-de / ti avvince-ce…”). .

Da più grande, più o meno quando il mio amico mi tormentava con la Scottish March, lessi un altro racconto, questa volta di fantascienza (beh, era catalogato così) in cui uno studioso cercava anch’egli il ritmo assoluto, basandosi su complicati calcoli matematici. Alla fine gli andava assai peggio che al personaggio di Tiramolla, perché ascoltando il prodotto del suo ingegno impazziva completamente.

Quest’idea del ritmo assoluto mi ha sempre affascinato, sin dal Tiramolla, perché credo ci sia qualcosa di vero.

Non sto parlando dei tormentoni musicali estivi, dei quali è difficile liberarsi le orecchie: no, si tratta di un fenomeno diverso. Un qualcosa che ti fa effettivamente ascoltare decine di volte una canzone o una musica, trovandovi però ogni volta (almeno le prime 100) qualcosa di diverso, profondo, importante. Quindi non parlo di un cattura-orecchie, ma piuttosto di un cattura-emozioni.

Nel 1978 ho trovato qualcosa che per me si avvicina molto al ritmo assoluto. E’ una canzone che si senta ancora per radio, ogni tanto; si chiama Square Rooms e la canta(va) Al Corley. È un tipico, per molti versi non straordinario prodotto della Disco Music. Però ha due riff, uno all’inizio e uno poi, notevoli di proprio (per me, beninteso). Ad un certo punto, con un’alchimia forse volontaria ma più probabilmente no, i due riff si sovrappongono, creando un effetto per me paralizzante.

Di Square Rooms esistono due versioni: una breve da discoteca e una extended, che aggiunge la sovrapposizione estesa dei due riff. Nella versione disco i riff si sovrappongono per poche battute, nell’altra ci insistono (giustamente!) per bene. Poi la canzone si frantuma in un finale solo rumoroso e del tutto superfluo.

Con opportuni software, sono riuscito a recuperare i riff e fare una terza versione del brano, in cui sostituisco il tremendo finale originale con la ripetizione in crescendo e in calando dei riff sovrapposti. Una bomba! La mia versione di Square Rooms rules!

Ma oltre a questo caso estremo ma direi isolato, nel corso degli anni ci sono state altre canzoni o musiche cattura-emozioni. Roba da sentire 20, 30 volte di fila senza annoiarsi un attimo.

Qualche titolo:

(It’s all over now) Baby Blue nella versione di Brian Ferry (la canzone è di Bob Dylan).

Closing Time di Leonard Cohen.

Rainin’ in Paradize di Manu Chao.

Pos’o, Kuca, Birtija degli Zabranjeno Pusenje.

Not Dark Yet di Bob Dylan.

Non sto parlando di canzoni che posso ascoltare 5 volte senza rompermi troppo. Sto parlando di 20, 30 volte, senza pause: appena finisce, la rimetto.

L’ultima in ordine di tempo è Your Silent Face dei New Order, inserita in questo post.

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SU DI ME

Sono Edoardo, nato a Trieste nel 1959. Lì ho ancora una casa e ci torno quando mi va, ma da molti anni vivo a Roma. A Roma sono nati i miei figli, e tanto basterebbe a giustificare sia la mia esistenza che la permanenza nella capitale. Continua...

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