Il Paese dei Balocchi

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Lo vedo negli scacchi e nelle freccette, ma certamente sarà valido anche altrove, magari in tutti gli sport. La sensazione è che i giocatori siano ostaggi, più che liberi professionisti. Ostaggi degli organizzatori, dei finanziatori e soprattutto di chi mette in piedi i circuiti, che in genere sono manager privati. Il fatto incontrovertibile, con cui dover fare i conti, è che per pagare i premi dei tornei servono soldi. Ormai nessun privato può permettersi l’onere di finanziarne uno in proprio, né per quanto riguarda i suoi costi organizzativi né quelli dei premi. Quindi serve una visione globale e preventiva, con budget previsionali d’orizzonte perlomeno annuale e la chiamata a raccolta degli sponsor, per vedere se si coprono le spese. E’ un lavoro a sé, che richiede pianificazione e accordo tra tutte le parti in causa.
Lo scacchista o il darter credo abbiano precisi contratti da rispettare, con l’indicazione del numero minimo di tornei in cui assicurare la presenza, e quali. Non si possono rifiutare di partecipare, non possono dire “‘sta settimana non mi va, vado a pesca“.
I circuiti sono diversi, afferenti organizzazioni diverse, e funzionano in tutto il mondo. Poiché a tirare sono solo i primi 30-40 giocatori al mondo, questi si ritrovano sempre tra di loro, un giorno a Lisbona e un altro a Vladivostok. Si conoscono e frequentano per necessità molto più di quanto accada con le rispettive famiglie: sono come un gregge che più che spostarsi viene spostato, simulando una competizione che probabilmente è più di facciata che sentita dai singoli. Questo perché chi guarda (e paga) vuole la lotta, il sangue. E’ davvero tutto un carrozzone e i giocatori sono pedine della recita. Il loro compito/obbligo non si limita più a giocare e basta: hanno obblighi di presenziare a eventi collaterali, a manifestazioni che con il loro sport c’entrano poco o niente, a conferenze stampa, a lezioni gratuite nelle scuole, a visite negli ospedali… Sono certo che anche i blog, i canali YT, i Twitter “personali” non dipendano dalla volontà individuale quanto da un farsi vedere anch’esso stabilito per contratto.
Le personalità, i caratteri dei giocatori vengono presentati in modo schematico, manicheo, quasi caricaturale, così che il pubblico possa identificare lo spaccone, il prudente, il bello, il ciccione, l’antipatico… per potersi identificare e scegliere “il campione del cuore”.
Alternative? Nessuna: se vuoi vivere di questo, “ce devi da stacce“, come si dice a Roma. Carlsen, comprensibilmente incazzato per aver perso una partita, è stato multato di 5.000 dollari per non essersi presentato alla successiva conferenza stampa.

Comincio a guardare con occhi diversi questi circhi e le loro paillettes e lustrini. Sembrano un luna-park, ma potrebbero anche essere tutt’altro, com’era il Paese del Balocchi.

(In foto, un torneo qualsiasi della PDC – Professional Darts Corporation. Di eventi simili ce n’è uno diverso ogni settimana, per tutto l’anno)

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SU DI ME

Sono Edoardo, nato a Trieste nel 1959. Lì ho ancora una casa e ci torno quando mi va, ma da molti anni vivo a Roma. A Roma sono nati i miei figli, e tanto basterebbe a giustificare sia la mia esistenza che la permanenza nella capitale. Continua...

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