End

E

Mi sono vestito come pensavo volessi tu, per non spaventarti.
Ho tirato fuori un sorriso che non è il mio, per non spaventarti.
Ho parlato con un tono che non mi appartiene, per non spaventarti.
Non ti sei spaventata per colpa mia: eri terrorizzata già da prima.
Bob Dylan canta: “When you ain’t got nothing, you got nothing to lose”. Quasi certamente non conosci Bob Dylan. Lui chiede anche: “How does it feel?”. Volevo chiedertelo, in effetti. Come ci si sente, quando hai scommesso tutto su una carta sola, e ne esce un’altra? Ma non l’ho chiesto, per non vederti crollare. I fili invisibili che ti tengono in piedi sono molto delicati, credo.
Ero preparato a quasi tutto. Ci ho pensato ogni giorno, ogni ora, per due mesi. Ho passato in sistematica rassegna tutti gli scenari che riuscivo a immaginare, con relative quote di probabilità. Un po’ alla cazzo, certo, ma il Maestro Kase diceva: “Fai quel che puoi con quel che hai”. Ho fatto il meglio che potevo, per non spaventarti.
Ero preparato a quasi tutto – dicevo – tranne che all’ovvio. Dovevo fidarmi di più di me stesso, anche se era un me stesso di molti anni prima. Quello che aveva trovato una spiegazione, ovvia. Poi, col tempo, ho cominciato a farmi film. Mi ero dimenticato l’ovvio, in nome di qualcos’altro. Errore: l’ovvio si chiama così per un buon motivo.
Ora il quadro torna, anzi ritorna con nuova evidenza. Mi sono fatto mille pippe: avevo visto te? avevi visto me? ci eravamo visti male? ero una maschera e avevi guardato quella? avevi visto dietro? La verità è che non ha nessuna importanza. Quello che importa è che avevo visto giusto io. Fidati di più di te stesso, ‘che non sei mica scemo. Non eri scemo neanche quando lo scemo facevi. C’era una differenza sostanziale, mica noccioline. “Sono una persona semplice” – hai detto. Vero. Io no. Perché mi sono dimenticato questa palese differenza? Come una volta non capivi, così non c’era modo per te di capire adesso. In più, ora di capire qualsiasi cosa non ti interessa niente, perché hai altri pensieri, altri incubi, diversi dai miei. È scontato che nessuno dei due approvi nulla dell’altro. Però lo dovevo ri-vedere, lo dovevo ri-conoscere.
Vai in pace, come spero di riuscire a fare io. Bonne chance.

5 comments

Rispondi a Edoardo Burlini Cancel reply

  • Che tristezza! Mi ero messa in giro per il web per distrarmi. Mi divertivo di più quando parlava male delle donne o scriveva delle altalene. Spero recuperi presti il suo umorismo …bonne chance

  • Ma guarda… questa davvero non me l’aspettavo!
    Non pensavo di avere una simile responsabilità! 🙂
    Ora che lo so, ricomincerò a parlar male delle donne.
    Va bene? 😀

  • Bene ora lo sa…. mi riferivo alla responsabilità. Grande, grandissima… sì, parli male pure delle donne… è esilarante… carine le faccine.

    • A suo tempo le ho tolto la cosa più importante nella vita di una donna: me. 😀

SU DI ME

Sono Edoardo, nato a Trieste nel 1959. Lì ho ancora una casa e ci torno quando mi va, ma da molti anni vivo a Roma. A Roma sono nati i miei figli, e tanto basterebbe a giustificare sia la mia esistenza che la permanenza nella capitale. Continua...

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