Mikado

M

Stavo mangiando il mio Nippon a quadratini quando mi è venuto in mente il Mikado, mlijecna cokolada s rizom. Ce lo portava nonna Bianca, quelle non rare e non frequenti volte che per qualche ragione andava in Jugoslavia, in Slovenia.
Non era particolarmente buono: il cioccolato aveva poco latte, non era granché saporito e si sfaldava subito in scaglie, così che finivi per mangiare separatamente scaglie polverose da una parte e riso soffiato senza più un senso dall’altra. Però forse per il gesto di autentico affetto, forse perché venendoci da un’autorità né paterna né materna era nostro senza vincoli di sorta, soprattutto al consumo, lo ricevevamo con grande piacere. Queste cose possono succedere solo ai confini: già a Venezia nessuno poteva conoscere quel prodotto croato, socialisticamente distribuito in tutta la Federazione. Come noi, solo serbi, bosniaci, montenegrini… non certo veneti o milanesi.
Venendo da un Paese a stella rossa, era un po’ tradire la Patria e certo comportava il rischio di diventare a poco a poco comunisti (ma ne avresti dovuto mangiare proprio tanto). Tuttavia, dopo un breve esame di coscienza che mi rassicurava sulla mia interiore solidità antimarxista, attaccavo l’oggetto senza ulteriori esitazioni ideologiche.
La confezione era povera, come tutto quanto proveniva da oltre confine. La carta nera e rossa (maledetti comunisti!) copriva la stagnola sottilissima e quindi assai fragile, di cui rischiavi di trovarti in bocca dei frammenti perché… insomma… una volta tolto il primo involucro ‘sto Mikado si sfaldava un po’ tutto.
L’ultima volta che lo vidi fu in una stazione di servizio tra la Croazia – dov’ero atterrato – e la Bosnia – dove stando andando, nella “mia” Sarajevo. Ne comprai in quantità, come omaggio al tempo che trascorre.
Ma dietro a ogni considerazione tecnica, il Mikado era e resta la prova d’affetto di nonna Bianca che, pur non avendo alcun grado di parentela con me e mio fratello, non si dimenticava mai di noi quando si trattava di fare regali.

Nulla a che spartire con la successiva e terrificante esperienza con la Cockta, la risposta slovena alla minaccia capitalistica della CocaCola (credo che ad Atlanta ancora sudino freddo per il rischio commerciale corso).

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SU DI ME

Sono Edoardo, nato a Trieste nel 1959. Lì ho ancora una casa e ci torno quando mi va, ma da molti anni vivo a Roma. A Roma sono nati i miei figli, e tanto basterebbe a giustificare sia la mia esistenza che la permanenza nella capitale. Continua...

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