Immagini

I

In certe immagini c’è qualcosa che mi risuona molto profondamente, basato su ricordi di cui non trovo l’origine.
Ho provato ad analizzare, e c’è qualche elemento comune. Si tratta quasi sempre di architetture. L’architettura al tempo stesso è forte e debole. Forte, perché è un’affermazione di volontà. Debole, perché spesso la sua ybris viene spazzata via dalla Natura. Perciò il mistero sta nella forza apparente, che ontologicamente fa partire l’orologio dell’attesa. Ora che mi viene in mente, c’è qualcosa di simile in Lords of the Psychon di Daniel F. Galouye, nel descrivere la città inaccessibile.
Per questa volta lasciamo fuori l’elemento ponte, che di per sé merita trattazione a parte, almeno quanto i treni o meglio ancora i binari.
Quindi c’è sempre un’architettura. E sta sempre al sole, di giorno. Per anni ho sognato una strada in Iraq (o era Iran?) con un’incombente fabbrica sullo sfondo, nel tremolio della distanza (Up ahead in the distance [I saw a shimmering light]). L’aria è contemporaneamente mossa e immobile. E’ ferma nell’affermazione di esistenza della struttura, che abbisogna di una cornice, ma è mobile perché deve consentire il fade, il disperdersi e lo svanire. E intorno, davanti e anche sulla struttura stessa va benissimo che ci sia vita, macchine e gente o gabbiani e l’acqua del mare. Non c’è nulla di cupo, ma molto di mostruoso nel senso letterale latino. Di notte diverrebbe cupo, che va bene ma è un’altra storia.
A pensarci e divagando, trovo inquietanti quasi tutte le “natura morta con frutta”, ‘che magari per il pittore rappresentano solo un esercizio stilistico ma per me no. Se ci penso troppo finisco come Poe che fissava le caffettiere.
In questo particolare caso del ponte più lungo del mondo (55 km) ci sono tutti gli elementi: il sole, il mare, la foschia, un dipanarsi che fa sì che quel che non vedi forse abbia una natura diversa da quel che hai sotto gli occhi. Non ho scritto L’Altalena per caso.
I cinesi hanno vinto? Per ora pare di sì, ma intanto l’orologio è partito.

2 comments

  • La faccenda dei ricordi e delle sensazioni che si perdono nella nebbia degli anni mi intriga da parecchio tempo.
    Un paio di settimane fa ho sentito alla radio un pezzo fortemente connotato da atmosfere psichedeliche, credo dei Jefferson Airplane.
    Mai ascoltato prima, eppure la mente è immediatamente tornata agli anni ’70, farcendosi di sensazioni lisergiche pari al brano in onda.
    Non ho mai fatto uso di allucinogeni: perché allora ho agganciato immediatamente musica (sconosciuta), vissuto e percezioni?
    Sarà mica che quel periodo era per sé stesso autenticamente psichedelico e allucinato?

SU DI ME

Sono Edoardo, nato a Trieste nel 1959. Lì ho ancora una casa e ci torno quando mi va, ma da molti anni vivo a Roma. A Roma sono nati i miei figli, e tanto basterebbe a giustificare sia la mia esistenza che la permanenza nella capitale. Continua...

PUOI TROVARMI ANCHE QUI