Undressed

Su TV8 ogni sera fino a tardi vanno le repliche di Undressed, un uomo e una donna (raramente due uomini – che comunque non riuscirei a guardare per un senso di repulsione fisica – o due donne – che invece riesco a guardare benissimo 😀 ) che si ficcano in mutande in un letto per cercare nell’altro il grande amore. Dopo mezz’ora di chiacchiere e giochini che deve terminare obbligatoriamente con un bacio in bocca lungo a piacere, devono scegliere se rivedersi o dirsi addio.

Io sono un grande fan di questo tipo di trasmissioni, perché se lo svolgimento può essere pilotato dalla produzione le reazioni, i modi di fare e quelli di parlare no. E a me interessa come si comporta la gggente. Nello specifico ascolto quello che si dicono i due, quello che “confessano” da soli alla telecamera in un separé, i commenti esterni della voce narrante. Posso anche fare confronti tra le (molte) puntate della versione italiana e le (poche) di quella inglese.

Il tutto, che ormai vedo da anni, mi ha portato a tre conclusioni principali.

La prima è che gli italiani sono molto più naturali e spontanei degli inglesi, preoccupatissimi di essere sempre politically correct. Gli inglesi mi sembrano anche molto più weird, assurdi in alcuni momenti e passaggi verbali. È come se la political correctness che si impongono da un lato provocasse personalità squilibrate dall’altro. E’ un’ipotesi che tengo in seria considerazione.

Seconda (solo per la versione italiana). Le donne in generale sono ipercritiche e con aspettative allucinanti, manco fossero tutte Jessica Biel e fosse stato promesso loro il sosia di Brad Pitt (il che càpita raramente). In genere sottopongono l’occasionale partner a un vero e proprio interrogatorio, di cui pesano ogni singola parola di risposta. Gli uomini sono assai più rilassati, già contenti di stare seminudi con una donna seminuda. Ecco, questa è una un’altra differenza percettiva rispetto alla versione inglese: gli italiani li vedi effettivamente come sono, cioè in mutande, gli inglesi sembrano comunque vestiti.

Terza. La voce fuori campo, femminile, è schierata al 99% con il punto di vista femminile. Oltre a propinare allo spettatore una continua serie di citazioni dotte e scontatissime sull’amore, il sesso e le relazioni di coppia, la voce ritiene invariabilmente che l’uomo in mutande lì presente stia tra un gorilla e Barbablù e che invece le donne siano tutte principesse o quantomeno mancate contesse. Quando la voce deve commentare la scelta negativa del maschio a fronte della disponibilità finale della femmina, il moralismo vetero-femminista raggiunge il suo apice, tant’è che spesso mi chiedo se poi la produzione non citerà in giudizio il malcapitato che ha deciso di non proseguire la conoscenza della bella.

Conclusioni. Considerato il mio modo di fare con le donne (di cui queste sembrano abbastanza contente), basato su un’assoluta parità di diritti legali, un’assoluta differenziazione di ruoli e la richiesta di una certa coerenza mentale, misuro un abisso rispetto a quanto Undressed mi mostra. Da teorico partecipante, quasi sempre manderei a cagare le signore ben prima dello scadere della fatidica mezz’ora, e lo stesso farei con la voce fuori campo, stavolta entro i primi 5 minuti. L’isteria femminile, che oggigiorno è stata declassata a nevrosi, regna. Così come regna l’ipocrisia funzionale maschile, per cui gli uomini trattano le signore come bambine capricciose cui dire sempre di sì nella speranza di qualcosa in cambio.

Conclusione delle conclusioni. Sto assistendo al declino dell’Impero d’Occidente. Il che significa semplicemente che sto invecchiando.

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