Arcipelago Gulag

A

Sto leggendo il libro di Solgenitzin. Sì, solo oggi, perché so che è noiosissimo e d’altra parte sono stato bocciato più volte al patentino di intellettuale.
Ammettiamo pure che il barbuto Alexander non fosse del tutto obiettivo, come probabilmente non lo sarebbe un reduce dai lager nazisti. Però quello che in ogni caso emerge, documentato con nomi, cognomi, date e indirizzi, è l’enorme stupidità del Potere.
Sinceramente non so se riuscirei a sopravvivere in un sistema così stupido: la stupidità mi paralizza e so che potrebbe fermarmi il respiro o il cuore.
Non che essa stia da una parte sola: ogni regime è stupido di per sé, in quanto tenta di bloccare le naturali manifestazioni dell’essere umano, un po’ come dire a un cane che deve comportarsi da canguro e pretendere che lo faccia.
Ma la stupidità del regime sovietico descritto da Solgenitzin non ha nemmeno la giustificazione di un’apparente razionalità ed efficienza. È favolosamente stupido, e basta.
Ma non voglio parlare dei contenuti del libro, bensì accennare alla sola riflessione che mi provoca.
Il volume è pieno di citazioni documentate di provvedimenti presi da Lenin e Stalin in merito alla sicurezza dello Stato: deliranti, degni di uno Zelig lunare o di un Colorado arruffone.
Come si sa, il libro è stato osteggiato in Occidente da tutti i Partiti Comunisti dell’epoca. Posso ammettere che l’intellighenzia nostrana non fosse documentata a sufficienza, non per colpa propria, ma non accetto che non lo abbia fatto da quel momento in poi.
La mia tesi, in questo post, è che i tronfi buffoni che a suo tempo rappresentavano il “bel pensiero” della sinistra erano appunto solo dei tronfi buffoni.
La memoria storica è cortissima: ci siamo già dimenticati del PCI di 25 anni fa e crescono – in virtù del calendario – le schiere di quelli che non hanno nessuno obbligo di ricordarselo. Ma è inconcepibile che esistano ancora delle vie e piazze intitolate a Lenin (a Roma, per esempio), cioè a uno psicopatico criminale. Quanto a Stalin, la “pulizia” non l’ha fatta la nostra classe dirigente, amministrativa o intellettuale, bensì Krushev.
Trovo molto strano che si sia tutti – giustamente – concordi sulla pazzia di Hitler&Co. e parimenti sbigottiti di quel che è riuscito a far fare nei lager, ma che non si spenda una parola sui responsabili di un genocidio numericamente assai più cospicuo, e in più diretto contro compatrioti che nessuna ideologia da strapazzo proclamava inferiori. Sì, Stalin è stato immolato, ma di Lenin nessuno si azzarda a dire male. Si intitolano le strade italiane a un pezzo di merda senza eguali, le cui “gesta” sono documentate da Solgenitzin senza dimenticare una virgola.

O che, non lo sapevate? Allora, prima di parlare, inneggiare all’Oriente Rosso e alla realizzazione del Socialismo, nonché di rompere i coglioni per 20 anni (dal ’73 al ’91), INFORMATEVI.

1 comment

  • Si sa, ideali e ideologie non coincidono.
    Gli ideali comuni di molti vengono codificati dalle elite intellettuali in ideologie.
    Queste ultime, non importa di quale segno, servono da piede di porco a una torma di psicopatici il cui sogno, come accade nei fumetti Marvel, è la conquista del mondo, o qualche cosa che ci somigli.
    Di Lenin non so niente, ma in quanto leader compiuto, è iscritto d’ufficio nella schiera dei farabutti.
    Di Stalin sto rileggendo quanto scritto da Fromm in “Anatomia della distruttività umana”, dove afferma che comportamenti come quelli tenuti dai grandi dittatori siano da imputare alla loro necrofilia.
    Se Eichmann era un necrofilo puro, un semplice contabile dello sterminio, Stalin aggiunge alla fascinazione della morte, all’attrazione per il tanfo della putrefazione, il godimento dell’assoluto arbitrio sulle vite degli altri, ridotti a marionette i cui fili possono essere tagliati secondo capriccio. Niente di più che un formidabile sadico.
    E’ il controllo totale sulle vite degli altri che accomuna i grandi assassini della storia.
    La sinistra italiana ha tardato a riconoscere le aberrazioni perpetrate in terra sovietica perchè, immagino, anche il figlio di Totò Riina è pronto a giurare di avere il babbo più buono del mondo.
    Era da più di cinquant’anni che cercavano di dimostrare (e di credere) rompendo le palle a tutti, che lì stava il sol dell’ avvenire e di certo non potevano dire: scusate, ci siamo sbagliati. Anche loro tenevano famiglia.

    P.S. non ho capito il riferimento “dal 73 al 91”

By Redazione

SU DI ME

SONO EDOARDO, NATO A TRIESTE NEL 1959. Lì ho ancora una casa e ci torno quando mi va, ma da molti anni vivo a Roma. A Roma sono nati i miei figli, e tanto basterebbe a giustificare sia la mia esistenza che la permanenza nella capitale. CONTINUA...

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