L’indivina commedia

L

Benigni ha rotto i coglioni.

Leggo che la “sua” Divina Commedia è un fallimento mediatico, su Rai 2. Me ne compiaccio. Una cosa è l’energia che il toscano (Benigni, non Alighieri) può trasmettere dal vivo, un’altra quella attraverso un vetro.

Benigni è un folletto saltellante e isterico da 30 anni. Fa quello e sa fare solo quello.

Tanto per cominciare, non sa leggere. La cosa sarebbe poco rilevante, se non fosse pagato proprio per questo. Benigni non ha espressione (in quanto legge, non di suo; di suo ne ha anche troppa), si mangia le parole, non ha la minima idea di dove mettere l’accento di ogni periodo. Spesso pare francamente impreparato di fronte al testo, come se se lo fosse trovato davanti per la prima volta. Provate a confrontare la densità espressiva di Benigni e quella di Ungaretti che legge poche parole dell’Odissea (1970): il primo “sorvola”, il secondo riempie di significato ogni consonante e ogni vocale. Ungaretti sarà anche stato un trombone, ma il suono del suo strumento aveva una pienezza fenomenale.

La Divina Commedia non è un’opera di Goldoni, ‘che la butti in caciara e tutti si divertono lo stesso. È un testo assai complesso, difficile da banalizzare. Invece è quel che prova a fare Benigni, con similitudini prese dalla strada o dall’esperienza quotidiana (moderna): proprio quanto Dante non intendeva. Ciò offende ogni ascoltatore più sofisticato di un muratore polacco. Benigni svilisce quanto dice, non lo rende più fruibile.

Si agita sul palco, leggendo dei sodomiti o degli invidiosi dell’Inferno, come si agitava nel campo di concentramento de La vita è bella (bel film). Il problema è che non è detto da nessuna parte che il medesimo registro possa andare bene sempre e dappertutto. Infatti non funziona.

 

Al liceo tutti abbiamo letto, obtorto collo, l’opera di Alighieri. Tutti abbiamo riservato più attenzione agli a volte pruriginosi passi dell’Inferno, abbiamo sbadigliato al Purgatorio, abbiamo saltato a piè pari l’insopportabile Paradiso.

Ma tutti, se non ci lasciamo influenzare dai diktat mediatici che ci suggeriscono quello che è in, dobbiamo riconoscere che la prof che ci ha accompagnato lungo l’arduo percorso era 1000 volte più preparata, espressiva, esauriente del folletto Benigni.

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By Redazione

SU DI ME

Sono Edoardo, nato a Trieste nel 1959. Lì ho ancora una casa e ci torno quando mi va, ma da molti anni vivo a Roma. A Roma sono nati i miei figli, e tanto basterebbe a giustificare sia la mia esistenza che la permanenza nella capitale. Continua...

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