Ancora sul metodo (Wing Chun)

A

“Sei quello che alleni”.

È un’ovvietà – perchè lo è – a volte sottovalutata. Significa che se ti alleni piano, andrai piano. E alla fin fine l’obiettivo non è andare tanto piano.

Per migliorare la tecnica, devi fare le cose piano. Ma avere l’unico obiettivo di migliorare la tecnica porta teoricamente a fare sempre le cose piano, visto che il miglioramento tecnico è sempre perfettibile.

Poi, non è mica detto che si migliori solo facendo le cose piano. Accelerare provoca stress, in tutto il sistema psico-fisico. Poiché molte cose il tuo corpo le impara in modo alquanto istintivo, esso le deve imparare in modo differenziato per le diverse velocità (se muovi un passo, il cervello impara distintamente e separatamente cos’è un passo veloce e uno lento). Come dice il mio maestro di sci: ti porto sul facile e le cose le farai bene, poi ti porto sul difficile e le farai meno bene, ma intanto il tuo sistema corpo-cervello impara a testarsi anche sul difficile e impara a riconoscere che cos’è.

Insomma, quel che voglio dire è che muoversi rapidamente o lentamente sono due cose diverse e credere che il veloce sia solo un’accelerazione del lento è un errore. Non è che il corpo, per essere “giusto” anche in velocità, “basta che acceleri” sui binari del movimento giusto: capita più che spesso che ti inchiodi, inciampi, ti incasini in mille modi.

Quindi, procedere solo dal basso (dal lento al veloce) non funziona, almeno per me. Innanzitutto non ti fa vedere molte situazioni (che poi sono quelle realistiche): non te le fa vedere nell’avversario, non abituandoti a sapere in anticipo cos’è una velocità realistica, e non te le fa vedere in te stesso, cioè provandoti in pratica se le riesci a fare o no.

Oh, naturalmente questo vale per me. Può essere benissimo che Bodhidharma si sia inventato il kung fu fissando, bello seduto, un muro per 20 anni, ma io non sono Bodhidharma.

Di quello che succede a me, di come imparo io, sono piuttosto sicuro. Così, sono sicuro che se imparo un movimento lento e poi lo velocizzo, verrà uno schifo, ma se poi lo rifaccio lentamente sarà meno peggio che a farlo direttamente lento tre volte di seguito. Passare dal difficile (veloce) al facile ha i suoi vantaggi, sempreché – e il punto è qui – che il difficile non comprometta irrimediabilmente la comprensione dei princìpi appresi nel facile.

Il facile – sempre e solo per me – ha molti difetti. Intanto, come dicevo prima, non ti mette mai davanti a situazioni realistiche. L’implicazione più grave è che anche la tua volontà si stempera lungo il cammino, concentrandosi non sullo scopo finale (neutralizzare l’avversario, restando vivi) bensì sui singoli fotogrammi del movimento. Questo è un difetto in linea di principio superabile, ma in pratica terribilmente presente, perché “vizia” il tuo grado di attenzione verso una blandizie pericolosa. È assai difficile continuare a pensare che il tuo obiettivo è disintegrare il partner, se ti muovi a 1 km/h: tendi a pensare a tutt’altro.

Poi – anche questo l’ho già accennato – il tuo corpo non impara tutto quanto dovrebbe.

Finisce così che, in caso di necessità, sei sommerso da due stress che non hai imparato in alcun modo a fronteggiare: 1) non sai cosa puoi aspettarti da un avversario reale; 2) il tuo corpo non sa muoversi.

 

Sono assolutamente convinto che un giusto allenamento debba variare la velocità. Il lento serve a imparare e rinsaldare i princìpi, il veloce ad abituare a renderli pratici. Poi serve di nuovo il lento, per correggere gli errori del veloce, e così via.

Un allenamento solo in velocità è un grave errore di principio, uno solo lento all’atto pratico serve a poco.

Dalla mia ho qualche evidenza. La prima sono io stesso: ora mi alleno anche con gente la cui parola d’ordine è “primo, togliti di mezzo”. C’è chi lo fa meglio, chi peggio, ma nessuno resta impalato ad aspettare che il treno lo travolga. E questa reazione “istintiva” non la maturi, se sei abituato a muoverti solo piano. Lo sto imparando sulla mia pelle.

La seconda evidenza sono i praticanti che conosco e che si muovono solo piano. Oltre a non togliersi dal treno in arrivo, nei loro occhi non c’è la minima aggressività, nessuna idea di finalizzazione, nessun pensiero “sfogati, che poi tocca a me”.

Se poi vogliamo dirla tutta: chi mi insegna non ha fatto la mia strada, bensì quella inversa. Dal veloce al lento, per analizzare e sistematizzare. E perché allora io dovrei fidarmi del percorso contrario? Non funziona, almeno per me.

4 comments

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  • Vale anche per me quando suono la chitarra. La didattica recita che un pezzo nuovo si inizia a 30-50 battiti al minuto. Se lo fai subito veloce, inequivocabilmente sporchi le note, le salti, perdi il tempo e ti incasini. Ma io preferisco farlo comunque veloce per vedere come viene. Poi rallento e curo le imperfezioni. Se lo comincio troppo lento mi incasino anche peggio e … soprattutto, non mi diverto.

  • Ciao,, sono parzialmente d’accordo con quanto scritto.

    Circa la “velocità”, ognuno possiede un suo limite di forza e velocità. E’ giusto cercare portare questi 2 attributi ai massimi livelli (personali). Ma questo SOLO per quanto riguarda l’esecuzione di un movimento in termini di “gesto atletico”. Se baso (come in molti nel WT hanno fatto) il mio sistema su attributi personali il sistema stesso verterà (solo) su questi aspetti.

    Circa la “lentezza”, non è un attributo ma un “mezzo” per sviluppare e migliorarne altri; non vi è un limite personale perchè è una abilità che può essere sviluppata “ad oltranza”. Il “movimento rallentato” (da NON confondersi con quello che si fa in altre AM classiche come il Taiji) è fondamentale per riprogrammare gli istinti base del nostro corpo/cervello, in esercizi a solo o in coppia.

    Per lavorare questi due elementi (lento/veloce) è necessario “mettersi” d’accordo, soprattutto x gli esercizi in coppia (se vogliamo far migliorare entrambi i “giocatori”); negli esercizi in coppia è fondamentale attenersi alle regole del gioco altrimenti ognuno farà “come gli pare” (—> nel WT sono famose le scene di Maestri, magari dotati di parecchia velocità di esecuzione, che partono da 0 a 100 con una raffica di colpi… ecco una roba del genere non serve a nessuno dei due giocatori… forse nutre l’ego di uno dei due):

    – Se decidiamo di allenarci “veloce”… ok ma entrambi i giocatori devono potersi esprimere molto velocemente

    – Se decidiamo di fare “lento”, ok .. entrambi devono muoversi alla stessa velocità.. qui bisogna ancora dii più mettersi d’accordo visto che la mia velocità può essere MOLTO più lenta della tua e se mi muovo MOLTO lentamente e il partner NON è in grado di sentirmi paradossalmente sto andando più veloce perchè nel momento in cui mi sente forse sarà in ritardo e potrà “solo cercare di recuperare”

  • quasi completamente d’accordo con con BODYC tranne per una cosa…scusa ma il “movimento rallentato del taiji secondo te a cosa serve?

SU DI ME

SONO EDOARDO, NATO A TRIESTE NEL 1959. Lì ho ancora una casa e ci torno quando mi va, ma da molti anni vivo a Roma. A Roma sono nati i miei figli, e tanto basterebbe a giustificare sia la mia esistenza che la permanenza nella capitale.

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